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Politica

Il nuovo anno dell’Europa

9 Gennaio 2023
Massimo Nava - Editorialista Corriere della Sera

Come nel venditore di Almanacchi di Leopardi, ognuno si augura che il prossimo anno sia migliore. Ma, come il poeta di Recanati, nel nostro cuore temiamo che non sia così. Al di là dei sentimenti, la politica internazionale non regala segnali positivi. L’anno dell’Europa, nonostante la relativa compattezza politica nei confronti dell’Ucraina (pur con diverse eccezioni) si è concluso nel peggiore dei modi sul piano morale per gli effetti devastanti del Qatargate sulla credibilità delle istituzioni comunitarie.

Le sfide del 2023 sono immense. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha imposto una rottura nel Vecchio Continente, aprendo un confronto duro fra regimi e democrazie. Si sono accumulati shock inflazionistici, energetici, alimentari e finanziari che mettono fine alla globalizzazione liberale e rilanciano opzioni protezionistiche con il ritorno in grande stile dell’intervento pubblico e del ruolo degli Stati.

Gli Stati Uniti oggi sono vincenti. Possono affermare l’autonomia energetica e alimentare, dominano i settori della tecnologia e degli armamenti e hanno rafforzato le tradizionali alleanze in Europa. L’Europa ha ridotto la dipendenza energetica dalla Russia, ha rilanciato il percorso di difesa comune e ha aumentato gli investimenti in ambito Nato.

Ma l’Europa rischia di essere la grande perdente per effetto della spirale recessiva, degli aumenti dei prezzi, delle reazioni politiche che il clima di guerra sta provocando nelle diverse opinioni pubbliche e quindi nella determinazione dei singoli governi. L’Europa è ancora lontana da unirsi di fronte a queste sfide. Al contrario prevalgono strategie non cooperative. La riforma del mercato dell'elettricità rimane nel limbo, data l'opposizione della Germania. Le misure di sostegno sociale sono contraddittorie e spesso in contrasto fra le politiche degli Stati.  Francia e Italia sembrano privilegiare sconti e sussidi, mentre la Germania e l’Europa del Nord preferiscono il sostegno alle imprese.

La recente decisione di Berlino di una forte mobilitazioni di risorse pubbliche rischia di creare forti distorsioni del mercato interno. È stata pesantemente criticata da tutti e ha avuto immediate ripercussioni nei rapporti con Parigi. Si sa che il rapporto Parigi/Berlino è sempre un termometro di come vanno le cose in Europa.  Inoltre, le decisioni della BCE contro l’inflazione contribuiscono  all’incertezza dei mercati e delle imprese e non contribuiscono alla fiducia e all’ottimismo dei cittadini.

Il successo dei movimenti populisti e nazionalisti, la caduta di consenso dei partiti tradizionali e l’incertezza politica rendono ardua e complessa anche la ricerca di una via d’uscita nel conflitto russo/ucraino. È evidente la differenza di approccio fra il sostegno incondizionato all’Ucraina e la propensione alla costruzione di un compromesso che consenta una pur condizionata ripresa delle relazioni a lungo termine con la Russia. A quasi un anno dall’inizio del conflitto, l’opinione pubblica dà segni di stanchezza e appare meno disposta a rilasciare assegni in bianco ai dirigenti europei.

Il caso Germania è emblematico. Da un lato, il cancelliere Scholz ha fatto approvare un investimento nella difesa così importante da suscitare storiche apprensioni sul riarmo del più potente Paese d’Europa. Dall’altro, la Germania non riesce a consegnare all’Ucraina nemmeno uno dei moderni carri armati promessi a causa di problemi tecnici e di collaudo.

 Il rischio nell’anno che comincia è che l’Europa non riesca a portare avanti il grande disegno di integrazione, di ritrovata solidarietà continentale e di difesa comune di cui si sono visti i presupposti nell’anno che si è chiuso e che, al contrario, torni sempre più ad essere, come nell’epoca della guerra fredda, il ventre molle o il vaso di coccio nella sfida internazionale che gli Stati Uniti stanno conducendo contro la Russia e la Cina.  

I prossimi mesi saranno decisivi. Fondamentale non sarà ribadire a parole scelte di campo e visioni strategiche, ma mettere in atto concretamente misure che assicurino la ripresa della vita economica e sociale, la stabilizzazione dei mercati, la continuità delle politiche di sostenibilità energetica, il sostegno alle imprese europee nei settori strategici, una politica di difesa comune che privilegi le forniture e le produzioni europee, un approccio coraggioso e davvero continentale al problema dell’immigrazione e della difesa delle frontiere. Senza questi presupposti, sarà difficile arginare la deriva populista, la sfiducia dell’opinione pubblica e, in definitiva, un’ulteriore decadenza della società europea.