Piano Mattei: il vero cambio di rotta è il bene comune
Un proverbio presente in molte culture dell’Africa sub-sahariana dice: “chi pianta mango non mangia mango”. L’albero del mango infatti non produce frutti rapidamente e quindi se qualcuno pianta un seme di mango non lo fa certo per poterne gustare i frutti bensì per farli gustare alle generazioni future. Il valore del tempo e del lungo periodo nei piani di sviluppo e di miglioramento delle condizioni dei popoli è un valore importante.
Il Piano Mattei, che il nostro governo ha presentato lo scorso 29 gennaio 2024 in occasione del vertice Italia-Africa, è stato annunciato come un cambio di rotta. Un cambio che vuole mettere da parte ed andare oltre una impostazione paternalista o assistenzialistica. Questo cambio di rotta è necessario per il modo con cui l’Europa si sta relazionando alle popolazioni africane che approdano sulle coste del vecchio continente. Così come il Piano Mattei si presenta e nel contesto di paura dello “straniero” che è presente in molte classi politiche e sociali, non ritengo che questo piano possa ridare dignità a queste popolazioni e costituire il cambio di rotta che vuole essere.
Un cambio di rotta dovrebbe passare come prima “base” dall’accoglienza, dal rispetto e dalla restituzione di dignità (e anche di ricchezze) e dal riconoscimento che anche se il colonialismo è finito da circa mezzo secolo, un neo-colonialismo economico e culturale ne ha preso il posto.
Ho vissuto 4 anni in R.D. Congo, 16 anni in Kenya, ed ho avuto modo di viaggiare in una decina di paesi africani e quello che ho sperimentato con una certa chiarezza è il fatto che l’occidente (terra del tramonto) ha continuato a presentarsi e descriversi come terra di un’alba permanente. In molti paesi africani dove ho vissuto e lavorato ho potuto respirare l’aria di un sincero rispetto per il mio essere bianco, appartenente alle terre dell’occidente del mondo. Questo rispetto talvolta era intriso di un senso di superiorità che mi veniva assegnato. Ho dovuto resistere con tutte le mie forze per non soccombere alle lusinghe della presunta superiorità per far prevalere la volontà di camminare insieme, di crescere insieme, di costruire insieme il nostro futuro, il futuro del mondo, delle culture, della vita in tutte le sue dimensioni.
Un piano che vorrebbe avere l’ambizione di cambiare rotta nella relazione con i Paesi dell’Africa deve poter prima conoscere quale è la rotta che si sta percorrendo, quali sono le sfide quotidiane di sviluppo, di crescita, di formazione scolastica con cui molte popolazioni africane fanno i conti tutti i giorni.
Se penso al riferimento all’energia come elemento fondamentale della cooperazione che il Piano Mattei vuole assicurare ai paesi europei mi viene da dire che questo Piano vuole mirare alle ricchezze materiali dell’Africa più che alle ricchezze umane.
Il cambio di rotta deve passare anche dalla conversione del modo in cui guardiamo a queste popolazioni che per noi europei / occidentali sono solo ricettacolo di aiuti da parte di una percentuale sempre più minima della popolazione mondiale che ha solo imparato ad essere benefattrice di chi è nel bisogno. È come se si fosse innescato una sorta di meccanismo che fino a quando regge fa star bene i benefattori, la cui reazione adrenalinica li porta ad essere sempre più in bisogno di “aiutare”, e beneficiari che stanno al gioco perché sottrarsi a questa generosità è davvero da stupidi! Forse questo spiega perché molto spesso gli aiuti non aiutano, vengono sciupati.
Guardando agli scenari di politica internazionale, ad una economia drogata dalla dimensione finanziaria che la fa diventare generatrice di “scarti umani” (Papa Francesco EG). Lo scarto è una caratteristica dominante di questo sistema economico “drogato” da tre punti di vita: la gigantesca mole di rifiuti, sempre più difficile da smaltire, prodotta da una economia usa e getta, lo scarto della grande quantità di edifici urbani abbandonati in società sempre più vecchie e gli scarti umani di persone lasciate ai margini perché non produttive, non più efficienti per il sistema “drogato”. Il cambio di rotta di un Piano che vuole rifondare le relazioni con i paesi africani non può non passare attraverso il principio della “Ecologia Integrale” (Laudato Si) che ha come cardine la difesa e la costruzione del “bene comune”.
La modalità unilaterale con cui il Piano Mattei è stato presentato non fa altro che ribadire il bisogno adrenalinico di voler essere benefattori, tanto più in questo momento storico in cui le ricchezze materiali sono sempre più scarse per il fabbisogno dei paesi industrializzati e tecnologizzati.
Uno sguardo approfondito sulle guerre che si stanno svolgendo nell’indifferenza di molti in tanti paesi africani dice che queste guerre sono quasi tutte fatte per ragioni economiche, guerre fatte per procura per poter accaparrarsi delle materie prime. Una relazione abbastanza predatoria nei confronti dell’Africa.
Il fatto che il Piano Mattei vorrebbe sollevare e mettere in luce una grande questione di politica estera dell’Italia e degli stati europei e precisamente come porre in essere relazioni con l’Africa realmente non predatorie costituisce una interessante premessa e ambizione di questo piano. Le strategie messe in campo, le convergenze non simmetriche e il non-coinvolgimento dei paesi africani nella composizione di questo Piano Mattei mi fa pensare che le premesse difficilmente possono transitare verso una messa in campo ottimale per tutti gli attori coinvolti nel Piano.
Da una prospettiva missionaria, in ricerca degli equilibri giusti per far del bene fatto bene, non posso non far notare, nel contesto di competizione geopolitica-economica, l’approccio transazionale della cooperazione internazionale mette in ombra una politica estera fondata sui diritti umani e a sostegno di processi democratici, per relazioni più eque e sostenibili.
Come poter promuovere relazioni alla pari con i paesi africani coinvolti nel Piano Mattei in un contesto di rifiuto dell’accoglienza degli immigrati in Europa e in Italia? Quando i migranti vengono ridotti in schiavitù nelle campagne e nelle fabbriche, con recrudescenze razzistiche e di chiara discriminazione non si può negare il fatto che le “democrazie” europee soffrono di una crisi democratica e di riconoscimento dei diritti umani. In questo contesto come dovrebbe caratterizzarsi la cooperazione prevista dal Piano Mattei? Come imbastire relazioni di politica estera con i diversi Stati africani, tra interessi nazionali, democrazia e diritti umani?
Queste sono alcune delle domande a cui rispondere per poter tentare di promuovere un Piano che sia significativo per le relazioni e la cooperazione tra popoli e nazioni. Trovo di grande valore e guida ispiratrice per ogni azione volta allo sviluppo integrale dei popoli uno dei principi che Papa Francesco ci ha donato nella Enciclica Evangelii Gaudium: Il tempo è superiore allo spazio. Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone. È un invito ad assumere la tensione tra pienezza e limite, assegnando priorità al tempo.
Uno dei limiti che a volte si riscontrano nell’attività socio-politica consiste nel privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi. Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici.