Il Piano Mattei fra ambizioni e rischi

Sandro De Luca
Direttore del CISP

Il "Piano Mattei" ha l’ambizione di rappresentare un'opportunità per rinnovare le relazioni tra l'Italia e i paesi del Mediterraneo e dell'Africa attraverso lo strumento della cooperazione internazionale. È significativo che questo avvenga mentre altri paesi come il Regno Unito o la Francia sembrano ridurre il loro impegno nella cooperazione.
 Il Piano dichiara la volontà di esplorare nuove modalità operative e “un nuovo modello di cooperazione nelle relazioni internazionali” puntando su un sostegno allo sviluppo sostenibile e su partenariati inclusivi e orientati alla prosperità condivisa. Si tratta di affermazioni importanti, ma non nuove nella storia della promozione dello sviluppo.
È ancora presto per dire se il Piano Mattei avrà un impatto positivo e duraturo sui paesi partner e se riuscirà a favorire il riconoscimento dell’Italia e della sua cooperazione. Sono aspetti che andranno valutati quando il sistema sarà stato effettivamente messo a regime e nuove risorse, coerenti con le ambizioni, saranno state messe a disposizione.
Tuttavia, l’esperienza degli ultimi decenni offre già spunti critici per giudicare le prospettive del Piano.
In particolare, dovremmo concentrare l’analisi su due aspetti fondamentali: la capacità di promuovere iniziative “rilevanti” e di strutturare meccanismi e strumenti per la messa in opera coerenti ed efficaci a partire dalla consapevolezza di quello che in passato si è rivelato efficace o che non ha funzionato.

La rilevanza delle iniziative
La capacità di muoversi nelle complessità sociali, culturali e politiche dei paesi partner è cruciale. Spesso, i grandi programmi di cooperazione sono stati percepiti come frutto di priorità esterne alla realtà sociale ed economica dei paesi e, al massimo, negoziati con classi dirigenti locali ristrette, con poca o nulla consapevolezza da parte delle opinioni pubbliche e scarsa partecipazione delle comunità locali. Questo ha portato a programmi spesso non in linea con le reali esigenze dei beneficiari e inefficaci nel lungo termine. Il Piano Mattei ha l’ambizione di superare questo limite, ma i processi di definizione delle iniziative e delle priorità sembrano basati ancora essenzialmente su negoziazioni e accordi con i governi. È cruciale, evidentemente, inquadrare i programmi nelle strategie di sviluppo dei paesi di cui le autorità locali si fanno o dovrebbero farsi promotori. Spesso però le istituzioni pubbliche soffrono di scarsa legittimità. Quelle stesse strategie non sono percepite dalle società civili e dalle opinioni pubbliche come rilevanti e in grado di orientarne le attese ed i comportamenti. Anche per questo è essenziale trovare meccanismi di coinvolgimento e partecipazione di tutti gli attori sociali, come le organizzazioni della società civile, le imprese locali, le tante forme di aggregazione sociale che costituiscono lo scheletro di qualsiasi società

La partecipazione degli attori sociali può giocare un ruolo fondamentale nel rafforzare la coesione e promuovere uno sviluppo basato su soluzioni condivise nella prospettiva della sostenibilità sociale e politica delle iniziative. La collaborazione fra e con attori diversi ed in particolare con le articolazioni della società civile è importante anche per questo: mettere insieme le capacità di dialogare con gli attori non governativi locali e le opinioni pubbliche.

Strumenti di gestione adatti alla sfida
Le possibilità di successo del Piano Mattei avranno molto a che fare con l'adozione di strumenti di intervento e gestione adatti alla sfida, permettendo effettivamente risposte rapide, innovative e collaborative, adottando processi più snelli, semplificati e orientati ai risultati. L’esperienza dice che questo è il modo migliore di garantire trasparenza e responsabilità.
Strumenti e procedure vanno valutati a partire dalla loro capacità di facilitare la collaborazione tra i diversi attori, riducendo i tempi di sviluppo delle iniziative ed il carico per la gestione. L’incapacità di superare le barriere burocratico/formali e concentrarsi sull'impatto reale sui territori e sulle persone coinvolte è stato un limite importante dell’azione della cooperazione, e certamente anche di quella italiana, che il Piano Mattei deve impegnarsi a superare.
La scelta è stata quella di dotarsi di una cabina di regia, una struttura di missione e di tavoli tecnici tematici in grado di aggregare attori istituzionali e no con competenze e mandati diversi. Già in passato l’Italia ha sviluppato iniziative simili basate ad esempio sulla collaborazione strutturata fra diversi attori ed in particolare Ministeri con diverse competenze che affiancassero ed integrassero le iniziative delle Cooperazione Italiana. È stato ad esempio il caso del programma di cooperazione con l’Albania nella seconda metà degli anni 90. Le varie esperienze possono essere valutate in modo diverso e certamente l’integrazione di azioni di diversi attori e diverse istituzioni è stato un elemento critico. Nel caso del Piano Mattei parliamo di una iniziativa ancora più ambiziosa, che pone quindi sfide ancora maggiori quando si tratta di definirne gli strumenti.
Il Piano Mattei, ad esempio, sembra voler sperimentare modalità innovative per l’attivazione degli strumenti del credito per lo sviluppo italiano. L’ambizione è quella di favorire un effetto leva promuovendo fra l’altro l’impegno della finanza privata con risorse supplementari e significative. Questo effetto moltiplicatore è una ripetuta ambizione di strumenti di questo tipo, ma i risultati ottenuti sono stati praticamente sempre molto al di sotto delle aspettative e delle programmazioni. Queste ambizioni si sono sempre scontrate con la percezione del rischio presente nei contesti fragili e la resistenza ad assumerlo in modo efficace da parte delle banche di sviluppo e degli investitori privati. Sarà da dimostrare la capacità delle istituzioni coinvolte nel piano Mattei di sviluppare strumenti adeguati dovendo peraltro interloquire con istituzioni e iniziative internazionali portatrici di tradizionali rigidità su questi aspetti. Spesso, inoltre, la cooperazione allo sviluppo italiana ha sperimentato importanti difficoltà nell’integrare efficacemente e coordinare l’azione del credito per lo sviluppo con le iniziative di cooperazione a dono. Ancora una volta una sfida che il Piano Mattei si troverà di fronte.
Il grande tema, l’elefante nella stanza, è evidentemente proprio la grande diversità e, in molti casi, l’instabilità e la fragilità dei contesti locali, frutto, semplicemente, della fase storica che vivono questi paesi e in generale il continente. I programmi devono essere capaci di adattarsi rapidamente ed in modo resiliente alle condizioni specifiche di ciascuna area. Questo richiede progetti con spazi di manovra, che si adattino alle esigenze e all’evoluzione dei contesti, con la capacità di operare in situazioni di instabilità politica o economica. In generale programmi che partono dal presupposto della stabilità e della sicurezza, come accade spesso nel caso delle iniziative a credito e dei grandi programmi infrastrutturali, mostrano tutti i limiti della capacità di assumere efficacemente il rischio e adattarsi. 
Proprio su questa sfida le organizzazioni della società civile hanno qualcosa da portare: in tanti casi una presenza di lungo e lunghissimo periodo nei paesi, la capacità di affrontare la sfida dell’incertezza sulla base della conoscenza dei contesti, la relazione con le comunità ed una rete di partenariati solida e vitale.
 La creazione di partenariati strategici tra governi, organizzazioni internazionali, settore privato e società civile è fondamentale per affrontare le sfide della cooperazione. Il Piano Mattei deve promuovere collaborazioni intersettoriali per sfruttare le sinergie e potenziare le capacità dei territori. Questo approccio è cruciale per garantire un'azione coordinata e integrare competenze diverse, aumentando la sostenibilità e l'efficacia delle iniziative.

In conclusione, per il successo del Piano Mattei è fondamentale considerare due elementi cruciali: la rilevanza dei programmi per i contesti locali e l'adozione di strumenti di gestione adeguati alle sfide. Se correttamente applicati, questi due aspetti possono fare la differenza tra un progetto calato dall'alto e un processo di sviluppo realmente inclusivo e partecipativo, capace di generare cambiamenti strutturali duraturi.