Elementi critici e priorità per il Piano Mattei
AMREF, come organizzazione della società civile, fondata e attiva da più di 60 anni in Africa, non può che accogliere con favore l’attenzione che l’Italia ha deciso di dare al continente africano attraverso il Piano Mattei. Questa iniziativa, almeno nelle intenzioni dichiarate, sembra puntare a costruire un dialogo strutturato e duraturo con i paesi africani, basato su un approccio che appare volto ad una cooperazione di lungo periodo. L’Italia sembra dunque intenzionata a posizionarsi come un partner strategico, consapevole dell'importanza di coltivare relazioni più profonde, equilibrate e sostenibili con un continente che rappresenta un attore fondamentale nella scena internazionale, per le sue risorse naturali, per la sua giovane popolazione, e per le opportunità di sviluppo che offre.
Tuttavia, pur accogliendo con favore queste intenzioni, ci sembra fondamentale sottolineare alcuni punti di attenzione critici. L’Africa è una regione del mondo caratterizzata da complessità sociali, economiche e ambientali non trascurabili, che richiedono approcci molto più mirati e sensibili rispetto a quanto generalmente espresso nei piani di cooperazione internazionale. È in quest’ottica che guardiamo al Piano Mattei con un misto di speranza e cautela.
Cooperazione o Strumentalizzazione?
Una delle principali preoccupazioni riguarda la reale natura del Piano Mattei. Sebbene esso sembri impostato su un modello di cooperazione fondato su principi di mutuo beneficio, le modalità con cui è stato finora presentato sollevano alcuni interrogativi. Temiamo che dietro la retorica della "partnership" e dello "sviluppo condiviso" possano celarsi obiettivi più strumentali, volti più a soddisfare interessi italiani piuttosto che quelli delle nazioni africane.
Il rischio, infatti, è che il Piano finisca per replicare modelli di cooperazione economica che, in passato, si sono rivelati poco vantaggiosi per l’Africa, concentrandosi prevalentemente su interessi commerciali o geostrategici dell'Italia. Per questo, è indispensabile che il Piano Mattei metta davvero al centro il rafforzamento delle capacità locali e lo sviluppo sostenibile. Come sottolineato da Moussa Faki Mahamat, presidente della Commissione dell'Unione Africana, durante il vertice Italia-Africa dello scorso gennaio, il vero obiettivo deve essere quello di una progettazione condivisa, che coinvolga attivamente i paesi africani nella definizione delle priorità e nella pianificazione delle azioni. Solo così sarà possibile dare sostanza all’obiettivo di creare un rapporto di vero partenariato.
Il tema della migrazione: una questione delicata
Un aspetto particolarmente delicato del Piano Mattei è legato alla questione migratoria. Il concetto di "diritto a non emigrare" sembra essere uno degli obiettivi centrali della strategia italiana, volto a frenare i flussi migratori verso l'Europa attraverso politiche di sviluppo economico nei paesi di origine. Questa posizione, tuttavia, rischia di ridurre l’intera questione migratoria a una semplice equazione economica: migliorare le condizioni di vita in Africa per trattenere le persone nel proprio paese.
Tale approccio non coglie la complessità delle dinamiche migratorie, che sono profondamente radicate in contesti politici, sociali e climatici, oltre che economici. La migrazione, infatti, è spesso una scelta obbligata da condizioni di conflitto, instabilità politica o catastrofi ambientali, piuttosto che semplicemente da povertà economica. Per affrontare efficacemente queste problematiche, è necessario un approccio più completo, che consideri altri due elementi chiave quali il diritto alla mobilità umana e la componente diplomatica ponendo al centro i diritti umani e la giustizia sociale. Questi devono essere due pilastri fondamentali del Piano Mattei, se vuole davvero promuovere una collaborazione di lungo termine. La diplomazia, che in passato ha visto l’Italia al centro di importanti processi di pacificazione, non può essere non considerata centrale se veramente si vuole dare un contributo che non sia solo legato all’economia.
Le risorse del Piano: sufficienti?
Un’altra criticità riguarda le risorse economiche e umane che saranno introdotte per sostenere il Piano Mattei. Secondo quanto dichiarato dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il Piano può contare su 5,5 miliardi di euro, tra crediti, donazioni e garanzie, provenienti in parte dal Fondo italiano per il clima (3 miliardi) e dal Fondo per la Cooperazione allo sviluppo (2,5 miliardi). Tuttavia, si tratta di risorse che sono già allocate in altri capitoli di spesa, e che difficilmente potranno essere sufficienti a coprire le ambizioni dichiarate del Piano.
In linea con le promesse dell’Italia di aumentare gradualmente i fondi destinati alla cooperazione internazionale (fino allo 0,70% del PIL entro il 2030, come richiesto dalle organizzazioni della società civile attraverso la campagna 070), sarebbe necessario prevedere un progressivo incremento delle risorse, sia economiche che umane, destinate alla gestione di un volume così ampio di progetti e attività. La trasparenza nella gestione di queste risorse sarà fondamentale: è indispensabile definire indicatori chiari, obiettivi misurabili e criteri di selezione trasparenti per ciascun progetto, in ogni paese in cui l’Italia intenda operare. Così come superare una volta per tutte una serie di regole e procedure ormai anacronistiche che molti ambiti della cooperazione internazionale ancora portano con sé e fanno sì che le procedure portino i progetti a non essere più aderenti ad una realtà che si evolve sempre più velocemente.
L’importanza dello sviluppo sociale: salute e sostenibilità
Uno dei settori cruciali per garantire uno sviluppo reale e duraturo in Africa è quello della salute pubblica. Come organizzazione che lavora da oltre 60 anni per garantire il diritto alla salute, siamo consapevoli che non è possibile parlare di sviluppo senza un adeguato sistema sanitario. L’Africa ospita circa il 17% della popolazione mondiale, ma deve far fronte al 25% del carico globale di malattie, con solo il 3% degli operatori sanitari a disposizione. Tra i 20 paesi con i tassi più alti di mortalità materna, 19 si trovano in Africa, così come il primato mondiale di mortalità neonatale.
Le malattie come l'HIV/AIDS e la malaria continuano a mietere vittime nel continente, con l’Africa che ospita più del 65% dei sieropositivi mondiali (WHO, HIV Statistics, globally and by WHO Regions, 2024) e oltre il 90% dei casi globali di malaria (World Malaria Report 2022- WHO). A tutto questo si aggiunge l’impatto devastante del cambiamento climatico, di cui l’Africa è responsabile solo per il 2,3%, ma che rischia di peggiorare ulteriormente le condizioni sanitarie del continente.
Per questo motivo, il Piano Mattei, se vuole rispettare le indicazioni politiche più volte espresse, dovrà dare priorità ai progetti sanitari. Lo sviluppo economico, infatti, non può prescindere dal garantire l’accesso a cure mediche di base, né può realizzarsi in un contesto caratterizzato da gravi emergenze sanitarie. È fondamentale, inoltre, che la gestione di questi progetti avvenga garantendo “trasparenza dei processi, chiarezza sui criteri di selezione e priorità, certezza delle fonti di finanziamento, tenendo conto che sia la Legge 125/2005 che governa la cooperazione allo sviluppo sia il Fondo Clima hanno leggi e regolamenti propri che vanno rispettati” come indicato anche dalla rete di ONG LINK2007.
Conclusioni
Il Piano Mattei ha il potenziale per rappresentare un'importante opportunità di rilancio delle relazioni tra Italia e Africa, ma per far sì che ciò avvenga è fondamentale che il Piano sia costruito CON gli africani, e non PER gli africani. Deve rispondere alle reali esigenze del continente, non solo in termini economici, ma anche, e soprattutto, in termini sociali e sanitari.
Solo attraverso un approccio etico, inclusivo e sostenibile, il Piano Mattei potrà davvero segnare un punto di svolta nelle relazioni tra Italia e Africa, consolidando un rapporto di reciproca fiducia e rispetto che possa durare nel tempo.