L’impegno dell’Italia nei Balcani occidentali: la ricerca della stabilità e della prosperità nella condivisione dei valori europei
1. L’impegno dell’Italia per i Paesi dei Balcani occidentali rappresenta storicamente una costante nella politica estera italiana, che ha radici in fondamentali considerazioni geostrategiche. Roma ha sempre considerato la propria prosperità, stabilità e sicurezza come indissolubilmente legate alla prosperità, stabilità e sicurezza dei Paesi situati sulla riva est dell’Adriatico. Lo strumento individuato sin dal 1989 per conseguire questi obiettivi è stato quello dell’avvicinamento progressivo ai principi e valori europei enunciati dai Trattati europei “…della libertà, della democrazia e del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nonché́ dello Stato di diritto…”, cercando dunque di favorire l’adesione di questi Paesi alla Ue.
Il ruolo che il nostro Paese ha svolto e continua a svolgere in questa direzione può essere esaminato seguendo due ambiti di analisi: (1) quello intergovernativo, essenzialmente bilaterale e regionale; (2) quello multilaterale, in seno all’Ue. Due dimensioni che qui esamino separatamente per esigenze espositive, ma che nella realtà s’intersecano e si sovrappongono, risultando le une funzionali all’efficacia delle altre.
2. L'impegno italiano bilaterale con i singoli Paesi dell’area costituisce un elemento che ci ha permesso di costruire un'immagine solida e credibile di Paese pienamente coinvolto nella stabilizzazione e transizione democratica della regione. Ricordo, ad esempio, il contributo straordinario che l'Italia ha portato in teatri come la Bosnia-Erzegovina e il Kosovo grazie a una presenza militare che ha saputo sempre dialogare e conquistare il cuore delle popolazioni civili dove ha operato e continua a operare per garantire sicurezza e stabilità. La credibilità di cui gode l'Italia nella regione si riflette nel coordinamento ristretto che intratteniamo con USA, Francia, Germania e Regno Unito (il cosiddetto Quint) e si traduce in iniziative politiche concrete come la Trilaterale dei Ministri degli Esteri tra Italia, Serbia e Albania - che sarà rilanciata non appena le condizioni lo permetteranno - e la facilitazione tra Serbia e Kosovo sull'emergenza COVID-19 che stiamo portando avanti da aprile 2020. Alla dimensione politica si affianca una dimensione tecnica-operativa che ha portato il nostro Paese a stringere strette collaborazioni nella regione in tutti i settori, dall'energia all'ambiente, dalla sicurezza e lotta alla criminalità organizzata alla giustizia, divenendo interlocutore privilegiato e partner di riferimento nei processi di riforma dei singoli Paesi balcanici.
3. Ma l’Italia vanta anche una tradizione di impegno a favore dell’allargamento dell’Unione verso i Paesi dell’ex “cortina di ferro”, in particolare quelli appartenenti all’area danubiano-balcanica, che risale alla caduta del Muro di Berlino e che si è poi articolato lungo i trent’anni successivi, creando e avvalendosi anche di due strumenti di politica estera innovativi quanto efficaci. Mi riferisco all’Iniziativa Centro-Europea (InCE o CEI, nell’acronimo inglese) e all’Iniziativa Adriatico Ionica (IAI) – concepite, la prima, subito dopo il crollo del Muro di Berlino e la seconda nella fase storica cha ha fatto seguito a quella, tragica, dei conflitti nati dall’implosione dell’ex-Jugoslavia.
Tramite INCE e IAI, l’Italia ha svolto un’opera per molti aspetti “avanguardistica” – si pensi all’originario formato dell’INCE, ovvero la cosiddetta “Quadrangolare” (con Italia, Austria, Ungheria e Jugoslavia come Paesi partecipanti) – che ha contribuito in maniera determinante all’avvicinamento di quei Paesi all’UE attraverso un rafforzamento della cooperazione politica ed economica regionale, in un’ottica sussidiaria rispetto alle alleanze già esistenti e soprattutto rispetto al progetto di unificazione europea. Dal 1992, inoltre, attraverso un apposito “fondo INCE”, attivato nel presso la Banca Europea per la Costruzione e lo Sviluppo (BERS) per il finanziamento di progetti di cooperazione tecnica, il nostro Paese ha finanziato numerosi progetti di capacity building e trasferimento di know-how per un ammontare complessivo di quasi 50 milioni di euro, buona parte dei quali dedicati ai Paesi dei Balcani, con l’obiettivo di avvicinare i loro standard e modelli operativi a quelli dei Paesi UE e favorire il processo di integrazione europea. L'agenda dell'InCE ha continuato ad arricchirsi in questi anni, da ultimo su impulso della Presidenza italiana nel 2019, dischiudendo opportunità di collaborazione anche nella ricerca scientifica, in tema di politiche per le giovani generazioni e recentemente nella lotta contro il COVID-19.
Concepita sul modello dell’InCE, anche la IAI ha rappresentato e rappresenta tuttora un importante strumento di cooperazione regionale e svolge al contempo un ruolo di saldo ancoraggio intergovernativo rispetto a quella che è considerata una sorta di “filiazione”, in ambito Ue, della IAI, ovvero la Strategia macro-regionale per la regione adriatico-ionica (EU Stategy for the Adriatic and Ionian Region - EUSAIR). Riveste quindi una valenza del tutto particolare l’adesione della Macedonia del Nord alla IAI, avvenuta in occasione della Conferenza Ministeriale di Catania del 24 maggio 2018, sotto la Presidenza di turno italiana, che ha aperto la strada all’adesione di Skopje, sempre su impulso italiano, anche a EUSAIR, avvenuta il 2 aprile 2020. Ciò ha confermato il ruolo propulsivo dell’Iniziativa quale “tappa intermedia” nel percorso dei Paesi IAI non-Ue verso gli standard dell’Unione Europea.
4. Considerazioni analoghe valgono anche per un’altra, più recente iniziativa intergovernativa, nata nel 2014 su impulso tedesco con l’obiettivo di favorire la stabilizzazione della regione dei Balcani occidentali e la sua progressiva integrazione europea. Si tratta del “Processo dei Balcani Occidentali”, noto anche come “Processo di Berlino”, a cui l’Italia partecipa dal 2015. Esso nasce come iniziativa volta ad accompagnare l’integrazione dei Balcani occidentali e a colmare ritardi nei processi di riforma interni a quei Paesi in un momento in cui l’Ue viveva una “enlargement fatigue”, efficacemente testimoniata dalle parole del Presidente designato della Commissione europea, Juncker, nel suo discorso al Parlamento europeo del 15 luglio 2014 (“In the next five years, no new members will be joining us in the European Union. As things now stand, it is inconceivable that any of the candidate countries with whom we are now negotiating will be able to meet all the membership criteria down to every detail by 2019. However, the negotiations will be continued and other European nations and European countries need a credible and honest European perspective. This applies especially to the Western Balkans. This tragic European region needs a European perspective. Otherwise the old demons of the past will reawaken.”), quando preannunciò che nel corso del suo mandato non vi sarebbe stata nessuna nuova adesione all’Ue.
In questi anni il Processo di Berlino ha contribuito alla costruzione di un clima di fiducia reciproca, offrendo il giusto stimolo ai Paesi dei Balcani Occidentali per trovare forme di collaborazione e soluzioni condivise a questioni che interessano tutta la regione, in ambiti quali i trasporti, le reti energetiche e l’ambiente. In questo quadro ricordo che nel 2017, in qualità di Presidenza di turno del Processo di Berlino, l’Italia è riuscita a inserire il tema della lotta alla corruzione tra le priorità dell’agenda del coevo Vertice di Trieste, identificando possibili aree di collaborazione con i Paesi dei Balcani attorno a temi quali il whistleblowing, i conflitti di interesse, la trasparenza e gli appalti pubblici. Quest’iniziativa italiana ha tra l’altro permesso di dare voce ai numerosi processi di riforma attualmente in opera nei Balcani occidentali - alcuni dei quali non sufficientemente conosciuti - nell’ottica di avvicinare i Paesi dell’area alle normative e buone prassi dell’Ue.
5. Pur rappresentando l’InCE, la IAI e il Processo di Berlino strumenti fondamentali di cooperazione regionale, non dobbiamo tuttavia dimenticare che qualsiasi sforzo in tal senso resterebbe incompleto senza un rinnovato slancio del processo di adesione dei Paesi dell’area all'Unione Europea. In quest’ottica – e vengo qui al secondo ambito di analisi, quello multilaterale – sono e saranno determinanti le decisioni che saranno prese nel prossimo futuro a Bruxelles.
In questa sede, sarebbe arduo tentare di riassumere, in poche righe, una lunga serie di interventi e iniziative poste in essere dalle Autorità italiane a sostegno del processo di adesione all’Unione dei diversi Paesi dei Balcani occidentali. Credo tuttavia che valga la pena quantomeno ricordare come l’Italia, in particolare nel corso dell’anno passato, abbia perseguito un’intensa azione di sensibilizzazione con le Istituzioni europee – in primis la Commissione – e con i Partner Ue, per preservare la centralità della politica di allargamento nell’agenda dell’Unione, riaffermare l’inequivocabile prospettiva europea dei Balcani occidentali e favorire nelle Autorità dei Paesi dell’area un atteggiamento proattivo a favore della continuazione del percorso di riforme (in questo senso, il programma della Presidente della Commissione Von der Leyen, “A Union that strives for more. My agenda for Europe”, riprende molto esplicitamente il tradizionale impegno dell’Esecutivo comunitario a favore del processo di allargamento “I want to reaffirm the European perspective of the Western Balkans and I see an important role in the continued reform process across the region. We share the same continent, the same history, the same culture and the same challenges. We will build the same future together. I fully support and stand behind the European Commission’s proposal to open negotiations with North Macedonia and Albania. The accession process offers a unique opportunity to promote and share our core values and interests.”), in particolare, ma non solo, sul rispetto della “rule of law”. Infatti, a fronte delle forti polarizzazioni in seno al Consiglio dell’Ue, culminate nel fallimento sostanziale registrato al Consiglio europeo del 17-18 ottobre 2019 (dopo una notte di intense discussioni che non sono riuscite a colmare le divergenze tra gli Stati membri, metodologiche e di merito, le conclusioni finali del Consiglio europeo si sono limitate a una frase lapidaria che le fotografava “The European Council will revert to the issue of enlargement before the EU-Western Balkans summit in Zagreb in May 2020”), l’impegno del Governo italiano per ristabilire l’unità d’intenti degli Stati Membri – anche assumendo la leadership di un gruppo di Paesi Ue che ha elaborato un non-paper sul rafforzamento del processo di allargamento, complementare rispetto a una proposta francese di revisione della metodologia di tale processo – è stato determinante per l’apertura dei negoziati di adesione con Albania e Macedonia del Nord, formalizzata il 26 marzo 2020.
6. L’Italia prosegue inoltre nel sostenere i negoziati tecnici in corso, da parte della Commissione europea, con Serbia e Montenegro, affinché Belgrado e Podgorica possano iniziare a chiudere quanto prima i residui capitoli negoziali e, al tempo stesso, alimentare il necessario processo di riforme.
Oltre al fondamentale sostegno politico, l’Italia ha da sempre messo a disposizione della regione un supporto concreto e operativo attraverso i gemellaggi amministrativi (Twinnings e TAIEX), strumenti finanziati con fondi europei a favore delle Pubbliche Amministrazioni dei Paesi “candidati” e “potenziali candidati”. Grazie alla consolidata esperienza e alla costante cooperazione sviluppata dalle nostre Amministrazioni tecniche con le controparti nei Balcani occidentali, attraverso questi strumenti l’Italia contribuisce direttamente e quotidianamente agli sforzi di riforma in corso nei Paesi balcanici, nonché al percorso di avvicinamento degli ordinamenti nazionali all’acquis unionale.
Tocca adesso all'Unione Europea e ai suoi Paesi membri dare un segnale forte e chiaro, approvando quanto prima l'apertura delle Conferenze intergovernative che dovranno negoziare l’adesione dell’Albania e della Macedonia del Nord all’Unione Europea. I rapporti della Commissione europea ribadiscono senza alcun dubbio i progressi realizzati da questi due Paesi sul fronte delle riforme. Occorre tuttavia una rinnovata consapevolezza, anche da parte dei Paesi candidati, che una credibile prospettiva d’integrazione va alimentata con una rinvigorita determinazione nel perseguire agende riformiste ambiziose, continuando a investire sotto il profilo politico, in termini di sviluppo socio-economico e di rafforzamento dello Stato di diritto e della legalità, per far sì che i Paesi della regione si lascino alle spalle l’eredità del passato, e proiettino il proprio sguardo verso il futuro.
Questo vuol dire mettere al centro della nostra agenda e della nostra azione le giovani generazioni, offrendo loro opportunità concrete di lavoro e percorsi efficaci di crescita professionale. La crescita dei flussi migratori, soprattutto dei giovani, da tutti i Paesi dei Balcani Occidentali verso l’Unione Europea è una sfida che si può vincere solo offrendo alle nuove generazioni una prospettiva di prosperità e di sviluppo. È questo il più strategico investimento che possiamo e dobbiamo compiere, per la regione e il futuro dell’Europa.