Un “semaforo” (Ampel) europeo solidale, democratico e sovranazionale
Mancano meno di seicento giorni alle elezioni europee nella primavera del 2024, la decima volta dopo il 1979 quando fu eletto il primo Parlamento di una Comunità che allora era composta da nove paesi dell’Europa occidentale.
Il quadro politico europeo è radicalmente cambiato negli ultimi anni sia nel Parlamento europeo eletto nel 2019 sia nei ventisette paesi membri in una legislatura che è stata caratterizzata dagli effetti della presidenza Trump, dall’uscita del Regno Unito con la Brexit, dalla pandemia e infine dall’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina che ha sconvolto la dimensione geopolitica sul continente.
Non è immaginabile che nei prossimi seicento giorni si possano concludere alcuni dei negoziati di adesione all’Unione europea sia in paesi che sono da tempo candidati come la Serbia o il Montenegro sia nei paesi a cui è stato recentemente concesso lo status di candidato come l’Ucraina e la Moldova.
Ciononostante in Ucraina si è aperta la prospettiva, malgrado una guerra di cui non si immagina quando e come essa si potrà concludere, dell’elezione a suffragio universale e diretto di sessanta provvisori parlamentari ucraini e cioè un numero simile agli eletti in Spagna con una popolazione di una dimensione simile a quella dell’Ucraina e l’esempio potrebbe essere seguito da altri paesi candidati per anticipare le conclusioni politiche e istituzionali dei negoziati di adesione.
Non cambierà naturalmente la dimensione del Parlamento europeo anche perché è nota la reticenza di molti governi nazionali ad accettare la proposta adottata dall’assemblea nel maggio 2022 per aggiungere ai parlamentari eletti nei paesi membri ventotto deputati eletti in liste transnazionali che, secondo l’opinione di una parte delle forze politiche europee, dovrebbero essere guidate ciascuna da uno Spitzenkandidat.
L’idea dei candidati alla presidenza della Commissione europea (Spitzsenkandidaten) è stata lanciata dal Parlamento europeo nel 2014 – sfruttando il fatto che il Trattato precisa che la scelta del candidato deve essere fatta “tenendo conto del risultato delle elezioni europee” - nel tentativo di forzare il Consiglio europeo dei capi di Stato o di governo ad accettare come presidente il candidato del partito europeo di maggioranza relativa da sottoporre all’elezione del Parlamento europeo a cui far seguire un voto di approvazione di tutta la Commissione.
Nel 2014 è prevalsa apparentemente l’idea del Parlamento europeo perché il lussemburghese Jean-Claude Juncker era lo Spitzenkandidat del PPE con una candidatura contrapposta a quella del tedesco SPD Martin Schulz anche se egli fu imposto da Angela Merkel al Congresso di Dublino del PPE nel febbraio 2014 contro la candidatura del francese Michel Barnier mentre nel 2019 il Consiglio si è opposto allo Spitzenkandidat del PPE Manfred Weber – che avrebbe raccolto difficilmente un consenso maggioritario nel Parlamento europeo – preferendo l’accordo fra Emmanuel Macron e Angela Merkel sulla ministra della difesa CDU Ursula von der Leyen nell’ambito di un trittico che portò alla presidenza del Parlamento europeo il socialista David Maria Sassoli e alla presidenza del Consiglio europeo il liberale Charles Michel.
Nel corso degli anni di questa metà della legislatura la convergenza fra i popolari e i socialisti nel quadro di una “grande coalizione” europea di cui facevano parte anche i liberali ad egemonia macroniana di Renew Europe si è andata progressivamente indebolendo ed anzi su alcuni temi c’è stata una vera e propria contrapposizione come sui temi del welfare, della lotta al cambiamento climatico e delle conclusioni da trarre dai risultati della Conferenza sul futuro dell’Europa.
A questa crescente contrapposizione non è estraneo il fatto che si sono formate coalizioni a livello nazionale fra popolari e conservatori fino ad alleanze con forze politiche di estrema destra come è avvenuto dopo le elezioni in Svezia o a un governo a trazione sovranista dopo le elezioni in Italia o la complicità in Spagna fra il Partito Popolare e il post-fascista Vox.
Il sostegno del PPE al governo di Giorgia Meloni, prima e dopo le elezioni del 25 settembre, potrebbe preludere ad un accordo politico fra i popolari di Manfred Weber e i conservatori e riformisti di Giorgia Meloni e di Mateusz Morawiecki se non addirittura all’adesione di Fratelli d’ Italia al PPE, un partito che potrebbe dopo le elezioni europee nel 2024 diventare la prima delegazione nazionale del PPE se sarà confermato il suo attuale trend di crescita e il calo della CDU.
La conseguenza di quest’accordo si potrebbe consolidare in una “candidatura di coalizione di centro-destra” PPE-ECR con la scelta dell’attuale presidente del PE Roberta Metsòla come Spitzenkandidat in un quadro politico mutato nel Consiglio europeo dove i leader del PPE e dell’ECR sono ora la maggioranza.
Di fronte a questa prospettiva rafforzata dai governi di coalizione di centro-destra o di destra-centro in un numero crescente di paesi europei i partiti progressisti e innovatori dovrebbero cominciare a lavorare politicamente su una “coalizione semaforo” (Ampel) a livello europeo come è avvenuto in Germania dopo le elezioni federali nel settembre 2021 con l’alleanza fra SPD, Verdi e Liberali.
Si tratta in primo luogo di definire un programma comune concentrato sulla promozione dei diritti fondamentali e del rispetto dello stato di diritto, sul superamento del nazionalismo in una dimensione sovranazionale attraverso un processo costituente, nel rafforzamento della democrazia economica, partecipativa, paritaria e di prossimità insieme ad una vera cittadinanza europea che coinvolga anche i residenti provenienti da paesi terzi, sulla pace e sulla giustizia, su una politica fiscale che garantisca l’equità e i beni pubblici, sulla non discriminazione, sui servizi di interesse generale, sulla convergenza e sulla coesione per assicurare una competitività sostenibile, sul raggiungimento degli obiettivi di un’economia verde.
Il programma comune deve precedere la definizione di un’alleanza elettorale ma l’alleanza elettorale è essenziale per gettare le basi di una maggioranza progressista e innovatrice nel prossimo Parlamento europeo che unisca l’internazionalismo socialista e socialdemocratico al cosmopolitismo liberale e alla dimensione ambientale e questa maggioranza deve identificarsi nella scelta di un candidato comune (Spitzenkandidat) alla presidenza della Commissione europea rilanciando l’idea dell’unificazione delle presidenze della Commissione e del Consiglio europeo e difendendo l’idea delle liste transnazionali osteggiata dalla maggioranza del PPE e dei conservatori.
Mancano meno di seicento giorni alle elezioni europee nella primavera del 2024 e la “coalizione semaforo” europea dovrebbe essere costruita giorno per giorno già nelle prossime settimane.