L’imputato Trump
La notizia tanto attesa è finalmente arrivata: tra le varie possibili accuse imputabili all’ex-Presidente americano la prima a raggiungerlo è forse una delle minori, ma sufficiente a rompere lo stallo che attorniava la situazione legale di Trump, che è così diventato il primo Presidente americano ad essere incriminato per reati commessi prima o durante il loro mandato. Vi sono stati casi di Vice Presidenti e di Governatori di Stati dell’Unione; Presidenti mai, anche se esiste un procedimento parlamentare di censura, come è noto, che può condurre attraverso l’impeachment anche alla rimozione.
Questo mandato di comparizione non è l’opera di un singolo magistrato, ma l’esito di una indagine conclusasi davanti a una giuria, peraltro in uno stato dove Trump -che pure ne è originario- non gode di grande favore. E la giuria di New York ha concluso a favore dell’incriminazione, togliendo ogni discrezionalità alla magistratura.
Dunque la notizia costituisce un fatto senza precedenti nei due secoli della storia americana, nonostante i Presidenti discutibili non siano mancati: in nessun caso si è arrivati al mandato di comparizione, a seguito del quale l’interessato viene formalmente informato delle accuse a suo carico e invitato a dichiarare la propria innocenza oppure accettarne la colpevolezza. Si tratterebbe oggi di una trentina di diversi capi d’accusa.
È stata fissata una data, martedì 4 aprile, quando Trump dovrà apparire davanti al magistrato a New York, dove avrà luogo la parte iniziale e la più umiliante del procedimento. Poi verranno prese le necessarie fotografie (“mug shots”), registrate le impronte digitali, e sarà schedato anche il suo DNA; a giudizio del magistrato, sul posto potrà aver luogo quello che i reporter di New York chiamano “the perp walk” (cioè “la passeggiata del criminale”), a volte anche in manette, attraverso due ali di fotografi, cronisti e perditempo della metropoli.
Una volta davanti al magistrato, verrà ufficialmente informato dei reati che gli sono contestati, e dovrà dichiararsi colpevole o innocente; a questo punto probabilmente sarà rilasciato in attesa di giudizio. Questo lato dell’evento è abbastanza prevedibile; l’uso che Trump ne farà può variare dalla piazzata con contorno di seguaci in assetto di baruffa, all’estremo opposto di una sbrigativa apparizione con i suoi legali schierati a testuggine in torno a lui; la cronaca punta sulla prima scelta, dato che Trump sta incitando i suoi seguaci a raccogliersi intorno a lui.
Qualunque sia lo scenario prescelto, si tratta di un momento unico della storia, ed anche inevitabile. Nessuno può collocarsi al di sopra della legge; al massimo, può agilmente schivarla se ne ha i mezzi, come ha fatto Trump finora, ma l’impunità resta l’eccezione e sembra aver raggiunto i propri limiti. Un Presidente nell’esercizio delle sue funzioni può sottrarsi alla magistratura ordinaria, ed è solo soggetto alla procedura dell’impeachment che può condurre alla sua revoca e alla perdita dell’immunità. Nel caso di Trump, due volte sanzionato dal Congresso senza arrivare alla revoca, quel tempo è passato senza danno, ma finché non sia rieletto nulla lo pone più al riparo di quello che sta accadendo.
La lista delle infrazioni e dei reati imputabili a Trump non è breve e può diventare temibile. Si vedrà presto in che modo i procuratori dello Stato di New York vorranno agire al riguardo; ed esiste la possibilità che alle previste imputazioni di New York se ne aggiungano ora altre, riferite ai suoi tentativi di rovesciare il risultato elettorale in Georgia o al suo ruolo nel fomentare l’assalto al Congresso il 6 gennaio del 2020, nonché alla questione dei documenti “top secret” immagazzinati a casa sua (esistono voci di una complicità russa nella sua campagna presidenziale).
Nel frattempo, gli americani stanno reagendo ciascuno a modo proprio, dai suoi fan che si ritrovano attorno alla sua magione di Mar-a-Lago in Florida per esprimere sostegno, ai cittadini di Washington che non riescono a nascondere la propria soddisfazione - e ci si aspetta qualcosa di simile dal governo federale.
Comincia così una nuova tappa nella storia della democrazia americana; per chi ha vissuto cinquant’anni or sono l’agonia quotidiana del Watergate, è un brusco richiamo del passato, con le divisioni di allora evolute nelle divisioni di adesso, con meno giovanile fiducia nella vittoria della democrazia e più matura preoccupazione per gli scossoni che questi avvenimenti porteranno alla fabbrica di questo grande paese, e infine alle loro ripercussioni nel mondo. Cinquant’anni fa, il Vice Presidente degli Stati Uniti, Spiro Agnew, fu costretto a dimettersi per evitare il processo per corruzione che si preparava nei suoi confronti, proprio nel mezzo della vicenda del Watergate. Nixon lo sostituì con un fedele parlamentare, Gerald Ford, che poi prese il suo posto quando anche lui di dimise. Trump non è Nixon, e la sua rovina politica non verrà gestita da un professionista come Nixon era, lucido nel cogliere il momento della inevitabilità della sconfitta, e pronto a ritirarsi dalla scena della storia.
Trump non è nulla di tutto ciò; e qui sta il pericolo. Nixon poteva tramare e mentire, Trump preferisce negare l’evidenza: due diverse strategie, due diverse personalità. La prima costringe alla lucidità man mano che i fatti salgono a galla, la seconda mantiene la realtà lontana dalla mente, e la inquina. Sarà più delicata una transizione dopo Trump, anche perché, a differenza di Nixon, non scioglierà le sue truppe dal loro voto di fedeltà.
Nel frattempo ogni giorno ci avvicina alla prossima stagione elettorale. Trump è candidato, e dovrà affrontare le primarie del suo partito: si vedrà allora l’effetto sui votanti, o la sua mancanza - tutt’altro che improbabile: il trumpismo è una religione, si tratta di fede, non di ragione. Un segnale verrà dall’atteggiamento dei professionisti del partito. Quando la nave affonda, si dice che siano i topi a dare l’allarme; in mancanza, sarebbe un brutto segno per la democrazia americana, e un monito per quella dei paesi che la prendono a modello o ispirazione.
Ma non è tempo per illusioni: non c’è ancora abbastanza agitazione nella stiva.