Hanau ed il problema neonazista in Germania
Un virus cova da tempo nel corpo della Repubblica Federale Tedesca e non è il COVID19, che da settimane colpisce duramente anche oltre le Alpi, bensì il radicalismo di destra, che da anni si propaga più o meno silente nel corpo fragile della società tedesca. L’evento ultimo di Hanau ha riportato alla ribalta della cronaca, anche internazionale, il tema dell’estremismo neonazista, la cui incidenza è tutt’altro che irrilevante, dato che, solo nel 2019, sono stati registrati oltre 550 episodi di violenza riconducibili alla destra estrema.
Nella notte del 20 febbraio un quarantatreenne entra in diversi locali frequentati da giovani di origine turca e curda uccidendo nove persone; in seguito uccide la propria madre settantaduenne ed infine sé stesso. Come in molti altri episodi simili, sia europei che nordamericani, in precedenza l’autore dei fatti aveva pubblicato online una sorta di “manifesto” ed una serie di videomessaggi in cui, attraverso una serie di teorie cospirative astruse, enunciava confusamente il suo pensiero razzista. In seguito a ciò, la Procura federale di Karlsruhe ha deciso di prendere in mano le indagini per verificare l’esistenza di una possibile e presunta rete di sostenitori.
Immediate sono state le reazioni della politica, sostanzialmente tese a ribadire la tesi dell’Einzeltäter, del gesto solitario di un cane sciolto, tipicamente usata in questi casi. È una tesi questa che ha provocato già nel recente passato, come nel caso di Halle, più di una perplessità. Infatti, questo non è che l’ultimo di una lunga serie di episodi violenti, compiuti da isolati individui o presunti tali, che possono essere inseriti, senza grandi forzature, in un contesto di crescente e preoccupante penetrazione della destra radicale nella società.
Basti pensare che qualche giorno prima dei fatti di Hanau c’era stato lo smantellamento del gruppo Combat 18 (C18), con il quale, se ce ne fosse stato ancora bisogno, si era nuovamente manifestato quanto fossero estese e fitte le reti dell’estremismo di destra in Germania. Combat 18 (18 per la prima e l'ottava lettera dell'alfabeto, cioè AH, le iniziali di Adolf Hitler) è in sostanza una filiazione del gruppo internazionale di estremisti di destra Blood and Honor, che in Germania era stato messo fuori legge già nel 2000 e poi rinato sotto nuovo nome. Dal 2013 C18 riesce a radicarsi soprattutto in Assia (dove si trova Hanau) e nel Nord Reno-Vestfalia. Nella Germania dell’Est C18 era invece già tornato alla ribalta nelle cronache nel contesto delle indagini sulla cellula terroristica del Nationalsozialistischer Untergrund (NSU) che, tra la fine degli anni Novanta ed il 2006, aveva ucciso otto persone ed una poliziotta.
Il NSU era composto principalmente dal trio Uwe Böhnhardt, Uwe Mundlos und Beate Zschäpe, i quali, oltre agli omicidi avevano commesso negli anni anche decine di rapine in banca. Fu solo dopo il suicidio dei suoi due complici e l’auto-consegna di Zschäpe alla polizia che agli investigatori si rivelò per intero il quadro sanguinoso compiuto dal gruppo terroristico. Infatti fino a quel momento né la polizia né l'Autorità federale per la difesa della Costituzione (il Bundesverfassungsschutz) sospettavano un movente di estrema destra dietro quegli atti. Centinaia di agenti avevano infatti indagato per anni nella direzione sbagliata, continuando a collocare il movente degli omicidi nel campo del crimine organizzato anche quando ogni pista d’indagine in questo senso era rimasta infruttuosa. Come si legge nel suo rapporto del 2013, la Commissione d'inchiesta parlamentare sulla NSU giudicò questa scelta un grave errore, soprattutto perché era sempre stato evidente che per nessuna delle persone uccise era mai stata provato il minimo contatto con organizzazioni criminali conosciute, mentre invece tutte erano accomunate dal poter essere vittime di un movente razzista (Bericht des 2. Untersuchungsausschusses).
Oggi, purtroppo, il razzismo ed il pericolo neo-nazista sono non solo più evidenti che mai ma, se possibile, ancora più cruenti di dieci anni fa. La scena neonazista non agisce più solo in ombra o in clandestinità ma, forte del clima di consenso sviluppatosi in alcune parti del paese (sul quale torneremo), si mostra con spavalda visibilità, ad esempio nelle manifestazioni, nei concerti della scena musicale di destra e nell’utilizzo di capi di abbigliamento riconducibili a quell’area.
Sulla pericolosità del gruppo C18 ci sono pochi dubbi. Già nell’estate del 2018 il collettivo exif-recherche.org aveva preparato un’accurata ricerca ricostruendone in maniera dettagliata sia la struttura organizzativa sia lo scopo centrale dell’organizzazione, ovvero quello di preparare una “inevitabile, imminente guerra razziale”. Tuttavia, nonostante sia l’Autorità federale per la protezione della Costituzione sia l'Autorità federale di polizia criminale avessero dichiarato da tempo la lotta contro l'estremismo di destra come una loro priorità, vi sono secondo exif-recherche.org validi motivi per ritenere che l'organizzazione venisse invece deliberatamente tenuta in vita, al fine di attirarvi estremisti di destra violenti e poterli poi controllare con l'aiuto di informatori all'interno dell'organizzazione.
Il momento di svolta in questa strategia si è avuta però solo dopo il 2 giugno del 2019, ovvero dopo l’attentato mortale al presidente distrettuale di Kassel (nell’Assia) Walter Lübcke, dove C18 aveva uno dei suoi quartier generali. Ed infatti Stephan Ernst, il principale indiziato di questo omicidio (anche per via di una iniziale confessione), era già dai primi anni 2000 parte della galassia neo-nazista tedesca, da quando militava nella NPD. Più di recente aveva avuto importanti contatti con i gruppi di estrema destra “Oidoxie-Streetfighting-Crew”, con gli “Autonomen Nationalisten” ed infine con “Combat 18”, nonché con alcuni complici della NSU.
Come ci mostrano le ricerche di Exif e le cronache sui giornali, i legami incrociati nella scena della destra radicale sono molteplici e costituiscono, in Germania come altrove, una galassia di “cellule fantasma” e “lupi solitari”, come la si osserva ad esempio anche nel neofascismo italiano sin dagli anni Settanta. È indubbio però che questa galassia abbia un interscambio sostanziale con formazioni e gruppi di varia natura come il movimento PEGIDA, i cosiddetti Reichsbürger e, soprattutto, con la AfD, in special modo con la corrente apertamente neonazista di Björn Höcke.
Due settimane dopo i fatti, e immediatamente dopo la cerimonia di commemorazione ad Hanau, Wolfgang Schäuble ha aperto il dibattito parlamentare sull’attentato e sul problema del razzismo e del radicalismo di destra in Germania. “La sola preoccupazione per questo fenomeno non è più sufficiente”, ha affermato Schäuble, “Hanau esige soprattutto sincerità”. In effetti il rigurgito neonazista e razzista non può essere letto (solamente) attraverso il fallimento del processo di integrazione, che sposta inevitabilmente la prospettiva sulle vittime, facendole diventare parte del problema. Al contrario, la sincerità dello Stato sta – ancora dalle parole di Schäuble – nel riconoscere di aver per troppo tempo sottovalutato il pericolo dell’estremismo di destra in quanto tale. C’è bisogno quindi – ha concluso il presidente del Bundestag – non solo di sincerità, ma anche di autocritica da parte della politica e di una sua azione decisa contro questo fenomeno. Ciò significa individuare le reti radicali e distruggere le associazioni estremiste di destra con tutti i mezzi costituzionali. È anche per questo motivo che il dodici marzo l’Autorità per la tutela della Costituzione (che solo recentemente, sotto la nuova guida di Thomas Haldenwang ha iniziato a concentrarsi sistematicamente su questo tipo di strutture) ha aperto un procedimento di sorveglianza nei confronti di una corrente interna all’AfD, la cosiddetta Ala della destra nazionale (Rechtsnationaler Flügel) in quanto apertamente schierata su posizioni razziste e contro l'ordine libero e democratico della Germania Federale. Due settimane più tardi, inoltre, nel pieno della crisi per il coronavirus, il ministro federale dell’interno, Horst Seehofer, ha dichiarato illegale l’appartenenza ai gruppi di cosiddetti Reichsbürger e ha fatto perquisire gli appartamenti dei principali referenti nazionali.
I Reichsbürger, che contano un entourage di circa 19mila persone, sono una scena fluida che non solo esprime una chiara intolleranza alla democrazia attraverso posizioni razziste, antisemite e revisionistiche, ma che mette sistematicamente in dubbio la legittimità della Repubblica Federale Tedesca, non riconoscendone leggi ed autorità ed opponendovisi in alcuni casi anche violentemente. Molti di loro sostengono, ad esempio, che la Repubblica Federale non sia uno Stato, ma un’azienda nata dopo la Seconda Guerra Mondiale e si sono resi protagonisti di reazioni violente contro poliziotti e funzionari statali.
È evidente dunque che i casi ritenuti “isolati” come quello di Hanau, e prima ancora il caso di Halle (2019), l’omicidio di Lübke (2019), cosi come l’attentato alla sindaca di Colonia Henriette Reker nel 2015, solo per ricordare i casi più eclatanti, non avvengano nel vuoto, bensì maturino in un clima sociale fortemente avvelenato dal discorso pubblico razzista e cospirazionista animato ad esempio dalla AfD. Esso viene poi ripreso ed amplificato attraverso i social media, dove avviene molto spesso la radicalizzazione atomizzata dei singoli. Questo è certamente vero anche per altri casi verificatisi altrove, come quello di Christchurch (2019) o quello italiano di Macerata (2018).
È per questo motivo che la dimensione del “cane sciolto” va comunque tenuta in considerazione, sebbene non vada utilizzata per relativizzare la portata politica di un gesto criminale. Interessante è seguire, in questo senso, le tesi del sociologo Alex Yendell dell’università di Lipsia sulla correlazione esistente tra personalità narcisisticamente paranoiche, molto spesso atomizzate, sebbene non isolate socialmente, che sono disposte a tutto e che non si sottraggono alla violenza fino ad arrivare all'omicidio di massa, e l’estremismo di destra, soprattutto di stampo neo-nazista.
Secondo Yendell è incomprensibile perché molti considerino una banalizzazione il tentativo di patologizzare l'estremismo di destra. A pensarla così è anche lo psicologo sociale Rolf Pohl, per il quale le due cose non si escludono a vicenda. Tutt’altro, secondo Pohl la maggior parte degli attentatori in questa categoria mostra – come nel caso di Hanau –tratti paranoici con implicazioni complottiste, che hanno il carattere della mania di persecuzione e proprio per questo possono essere facilmente combinati con il razzismo e la xenofobia violenta.
Per Yendell è in realtà banalmente logico che questo tipo di atteggiamenti e i comportamenti politici abbiano un’origine multifattoriale. Sicuramente essi sono il risultato di un contesto sociale quanto meno sfavorevole che influenza le strutture familiari, lo sviluppo della personalità, ad esempio nella capacità di sviluppare sentimenti come amore ed empatia e, in ultima istanza, anche gli atteggiamenti politici. In un approccio multifattoriale, gli psicologi sociali introducono nel quadro generale anche l’assenza, nelle fasi della socializzazione infantile e della pubertà, di un equilibrio tra figure di riferimento maschili e femminili. Mentre nelle ricerche classiche sull’autoritarismo di destra Wilhelm Reich, Erich Fromm e Theodor Adorno consideravano la costante di un padre autoritario e picchiatore come la causa del terrore nazista, oggi le ricerche hanno mostrato che anche un rapporto distorto e conflittuale con le madri porta a questo tipo di patologie. Questi uomini hanno quindi un odio inconscio verso le loro madri – cosi spiega ancora Alex Yendell –, ma si attaccano a loro e le detestano allo stesso tempo. Senza dover andare indietro fino al noto caso di Adolf Hitler, questo tipo di rapporto distorto con le madri è stato confermato nei casi di Anders Breivik (Oslo e Utøya 2011), dell’attentatore di Halle e, per il momento, tutto fa pensare che sia così anche nel caso dell’attentatore di Hanau, il quale prima di uccidersi ha sparato appunto alla propria madre. Il razzismo e l’odio verso i diversi diventa, secondo questa tesi, una proiezione del quadro psicologico paranoico-narcisista soggettivo e si sublima nella ricerca di un capro espiatorio: lo straniero, il diverso, il musulmano. La strutturazione logica di questa ricerca avviene, notoriamente, per lo più attraverso una costruzione ideologica fatta di persecuzione e complotti che nelle arene social trova poi il suo bacino di diffusione principale. L’esempio più diretto è quello della teoria della sostituzione etnica. Tesi, complotti e slogan diventano così facilmente parte di un discorso pubblico caratterizzato da un linguaggio sempre più tossico in cui idee radicali di destra trovano sempre più spazio nel mezzo della società.
Anche in Germania, argomenti e idee dell’estrema destra risuonano da tempo nelle arene politiche pubbliche offline ed addirittura nei consessi istituzionali, supportati soprattutto dalla AfD. Questi vanno dalla degradazione del memoriale per i morti dell'Olocausto a Berlino ad un “monumento della vergogna” (B. Höcke a gennaio 2017), alla riduzione della portata del Nazionalsocialismo ad una “cacca di uccello nella storia millenaria della Germania” (A. Gauland nel giugno 2018), fino all’invito al “popolo tedesco” a difendersi sia dai politici democratici che, a loro dire, vogliono sterminarli, venderli o schiavizzarli, sia dagli stranieri che aspirano alla supremazia in Europa. Tuttavia, va detto che non sono solo gli esponenti della AfD che cercano di spostare la “finestra di Overton” del linguaggio sempre più verso destra, bensì anche politici di primissimo piano come Horst Seehofer (CSU), che già nel 2011 si richiamò apertamente all'ordine nazista del 1945 di resistere e difendere Berlino “fino all'ultimo proiettile”, intendendo così la difesa del sistema sociale dall’impatto dell’immigrazione, o che nel 2018 definì le migrazioni “la madre di tutti i problemi”.
È tuttavia nei social media che questa sottostruttura teorica ed argomentativa viene ripresa, moltiplicata ed estremizzata per arrivare a costruire una legittimazione a difendersi da soli con la forza delle armi. Da non sottovalutare è il fatto che proprio in questo modo anche le personalità più isolate ed emarginate riescono a sentirsi parte di comunità, all’interno delle quali intendono poi acquisire maggiore rilevanza.
Nel mezzo si trova una immensa zona grigia, sempre più influenzata dal clima tossico creato da questa retorica razzista ed emergenziale, che però sta diventando sempre più pericolosamente salonfähig, presentabile, e ciò avviene anche attraverso un lento, ma inesorabile, processo di relativizzazione del portato storico del nazionalsocialismo, non ultimo attraverso il rifiuto della Erinnerungskultur (la cultura della memoria) da parte della AfD, come nel caso delle commemorazioni per la liberazione di Auschwitz. L’Erinnerungskultur è una colonna portante del processo di costruzione dell’identità democratica della RFT e della sua relativizzazione, ad esempio attraverso una nuova e pericolosa narrazione dell’equivalenza degli opposti estremismi. In Germania, cosi come in Italia e, purtroppo, nelle istituzioni europee (ad esempio attraverso risoluzioni che equiparano nazismo e comunismo), questa idea astorica che si sta diffondendo finisce per far sì che, essendo inesistente il pericolo di un estremismo di sinistra, diventi più o meno invisibile anche quello di destra, nonostante la cronaca. Diventa quindi fin troppo facile partire dal paragonare Stalin con Hitler, come fa il recente documento europeo, e arrivare a dissimulare la realtà politica del nostro tempo in cui personaggi come Höcke in Germania o (tra i tanti) Matteo Salvini e Giorgia Meloni in Italia, negando una discussione critica sul capitalismo (ad esempio in relazione ai problemi climatici), sulla disparità di genere o sull'uso di termini colonialisti, razzisti e discriminatori, finiscono per delegittimare l’antifascismo come valore fondante della nostra democrazia, che anzi finisce per essere esso stesso estremismo. La legittimazione del terrore sta infatti nel linguaggio della svalutazione con il quale siamo confrontati quotidianamente, che svia l’attenzione dal vero problema. In questo modo il pensiero estremista di destra riesce a penetrare sempre di più nel mezzo della società, acquisendo una patina di “normalità”.
Che fare allora? In Germania come in Italia ed ovunque altrove, il terrore può essere quanto meno controllato stroncando sul nascere l'odio e la violenza, sia come sentimenti sia come modelli argomentativi. Ciò significa investire non solo a parole nel lavoro pedagogico con i bambini e i giovani, nella consulenza alle famiglie e, non ultimo, nel riportare l’antifascismo in maniera decisa e senza timore, anche in contraddizione con le risoluzioni politiche europee di cui si è detto, al centro della formazione storica, culturale e civica nelle scuole. Quanto questo sia difficile in Italia, purtroppo, ce lo dimostrano episodi come quello della sospensione dell’insegnante di Palermo o la discussione sul canto di libertà per eccellenza “Bella ciao”.