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Politica

La nuova architettura europea (sperando che funzioni)

10 May 2022
Massimo Nava - Editorialista Corriere della Sera

Appena rieletto, Emmanuel Macron ha illustrato la sua visione dell’Europa futura, un progetto di governance di cui si parla da tempo, probabilmente improrogabile, purchè sia ampiamente condiviso, cosa niente affatto scontata. Il presidente francese ha parlato di "circoli d'avanguardia", in sostanza di geometria variabile per permettere agli Stati membri di avanzare più rapidamente su progetti condivisi. Lo ha fatto a Strasburgo, nella solennità di un anniversario significativo, il 9 maggio. Ha parlato anche di un nuovo spazio di cooperazione, aperto sia a Paesi candidati all’Ue, sia al recupero di Paesi che hanno lasciato la Ue. Ovvia l’allusione alla Gran Bretagna. L’idea è di una spazio di condivisione di valori, che vada oltre la partecipazione diretta. Spazio più largo dunque, ma « agibilità » più ristretta, ovvero maggioranze qualificate per superare il paralizzante criterio dell’uninimità: una «Comunità politica europea» che rievoca la proposta avanzata da François Mitterrand dopo la caduta del Muro di Berlino. Se allora la confederazione era pensata per coinvolgere anche la Russia, adesso sarebbe uno strumento per proteggersi da Mosca. Anche Mario Draghi aveva parlato di federalismo pragmatico.

La pandemia ieri (e forse ancora domani) e la guerra oggi (e sicuramente domani) hanno disegnato una dimensione del tutto nuova dei problemi e delle possibili soluzioni. Il « mantra » nessuno si salva da solo, lanciato a suo tempo dalla coppia Macron-Merkel, ha prodotto il Recovery Fund, di fatto la condivisione del debito, e un maggior grado di solidarietà europea, mettendo nell’angolo i sovranisti. La guerra in Ucraina ha favorito un’unità d’intenti e di valori e un rinnovato impegno per la difesa europea.

D’altra parte - e questo è il succo del discorso di Macron a Strasburgo - occorre adottare una strategia di governance completamente diversa dal passato, così spesso foriera di divisioni e veti incrociati, come si vede anche in queste settimane sia in relazione al complicato « parto » delle sanzioni da adottare contro Mosca, sia alla «misura » dell’ atlantismo e dei distinguo rispetto alla Nato e alla strategia belligerante della Casa Bianca.

Da un lato, Macron chiama i partner di oggi a favorire un ulteriore allargamento dell’Ue, una geografia dei valori, una condivisione della posta in gioco in termini di sicurezza e difesa, che quindi comprenda come ovvio l’Ucraina (« anche se ci vorranno anni »), la Serbia, la Moldavia, la Georgia, il Kosovo. Dall’altro, il presidente francese afferma con forza la necessità di abolire il criterio dell’unanimità, nella consapevolezza che su questioni cruciali è imprescindibile il voto a maggioranza.

«Accelerare il ritmo, moltiplicare le nostre ambizioni, creare la convergenza al suo centro, senza un formato predefinito, senza mai escludere, ma anche senza mai lasciare che i più scettici o i più esitanti mettano il freno : tutto questo permetterà alla nostra Europa di affermarsi come una potenza » ha detto.

Macron - in questa drammatica fase di confrontazione armata con la Russia -  pensa soprattutto alla difesa europea, nella consapevolezza che sia realizzabile in tempi ragionevoli soltanto se si cambia di pari passo il modello di governance.

L'obiettivo è quello di rendere l'Ue un attore internazionale che competa con Cina e Stati Uniti. Ciò che manca è un'industria forte e una difesa credibile.

Una revisione dei trattati sarebbe necessaria. In teoria, la zona euro profila già un'Europa a più velocità. Ma attenzione a un'unione à la carte: difficilmente diventerebbe una potenza politica. Le divisioni e i pareri contrari sono già emersi prima ancora di cominciare il lavoro.

Bisognerà infine vedere cosa rimane delle trecento misure raccomandate dalla Conferenza sul futuro dell'Europa quando l'eurocrazia di Bruxelles le avrà digerite.

È utile ricordare infine, non per scetticismo, ma per realismo, il discorso che Macron pronunciò alla Sorbona nel 2017. Discorso storico, ma rimasto una dichiarazione d’intenti. Fra i punti principali su cui aveva auspicato consenso e responsabilità degli Stati membri, la politica estera comune e la difesa e il punto che condiziona tutti gli altri, essendo parte del problema e della soluzione : l'integrazione politica, l'architrave mancante nell'architettura monetaria, senza la quale - aveva insistito Macron - nessun sistema politico può funzionare e stare al passo con la competività internazionale.