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Politica

Europa impotente e in ordine sparso

30 November 2023
Massimo Nava - Editorialista Corriere della Sera

Può apparire banale e forse superfluo ricordare la dichiarazione dei diritti dell’uomo, la carta dell’ONU, il Trattato costituzionale europeo o, più sinteticamente, gli ideali fondanti dell’UE, peraltro ribaditi ogni volta che la UE si è allargata a nuovi membri: stato di diritto, libera circolazione di uomini e mezzi, economia sociale di mercato, sussidiarietà e solidarietà. Concetti scritti nel marmo, magari ricordati in cerimoniosi anniversari, ma così spesso contraddetti nella realtà quotidiana. Nessuno dei grandi temi e delle grandi emergenze del momento provoca una coesione, un’unità d’intenti, una visione morale e politica da grande potenza.

La grande solidarietà e unità ritrovate al tempo della pandemia sembrano già un ricordo. Il formidabile impulso dato da Mario Draghi per rilanciare l’economia e salvare l’euro è un altro souvenir rispetto alla politica monetaria « a la carte » di Christine Lagarde. Eppure era ieri. Pessimismo esagerato? Forse, se si continuano a leggere le dichiarazioni dei leader e la narrazione ufficiale sui giornali. In filigrana, dietro le quinte, ma sempre più spesso anche pubblicamente, la cacofonia è evidente.

Se prendiamo ad esempio la questione migratoria, si nota una curiosa sintonia trasversale ai Paesi e alle forze politiche, ma soltanto nel momento in cui si immaginano decisioni nazionali per frenare i flussi. Quando si tratta di accentuare controlli di frontiera, alzare muri, organizzare respingimenti, la politica migratoria si banalizza e i « campioni » delle porte chiuse come Victor Orban o Marine le Pen o Matteo Salvini non appaiono più isolati. Basti pensare alla vittoria dell’ultradestra in Olanda o alle misure restrittive che si stanno mettendo in atto in Francia e Germania. Persino il progetto Meloni di trasferire migranti in strutture in Albania, nonostante evidenti dubbi giuridici e qualche perplessità di natura etica, ha suscitato un vasto interesse e nessuna condanna.

Ma tutto questo non significa unità e forte coordinamento di una politica continentale, l’elaborazione di seri progetti d’inclusione, una battaglia coordinata contro i trafficanti, una politica d’investimenti solidale con l’altra sponda del Mediterraneo. Significa un percorso in ordine sparso, dettato da egoismi nazionali e paure politiche, anche in vista delle elezioni europee. Anche se non ci sono prove che il recupero delle idee di estrema destra indebolisca i movimenti populisti e i partiti di destra ed estrema destra. Lo dimostrano il risultato olandese, l’alto consenso a Giorgia Meloni e la crescita inarrestabile di Marine Le Pen in Francia, data per sicura vincitrice alle prossime elezioni europee.

Ancora più imbarazzante la cacofonia europea a proposito del conflitto in Medio Oriente. All’indomani dell’orrenda strage compiuta da Hamas, la condanna si è levata all’unanimità, parallelamente alla solidarietà nei confronti d’Israele, anche in seguito a preoccupanti segnali di antisemitismo in diverse città europee, da Parigi, a Roma, a Berlino. Poi, di fronte alla durissima reeazione d’Israele, che ha provocato migliaia di vittime palestinesi innocenti, soprattutto bambini e la devastante distruzione di Gaza, le prese di posizione europee si sono accavallate in ordine sparso e fra queste sono spiccate la dura condanna del premier spagnolo Sanchez, cui è seguita la crisi diplomatica con Israele, l’equilibrismo imbarazzato del presidente Macron, mentre il governo italiano ha brillato per commenti scontati, genere  « bisogna rilanciare l’idea dei due stati », come se fosse immaginabile allo stato attuale restituire ai palestinesi le terre occupate in Cisgiordania da decine di migliaia di coloni. Ancora più prudente e misurata la reazione tedesca, per ovvii tributi alla storia nazionale e al passato nazista. Nessuna iniziativa europea capace di costruire una tregua, riaprire il dialogo, spazzare via tolleranze e ambiguità nei confronti di varie fazioni palestinesi e portare Israele sulla strada della ragionevolezza, nell’interesse stesso di Israele. Questa non sarebbe equidistanza, ma politica. Fin dall’inizio, Israele ha dettato l’agenda, gli Stati Uniti hanno tentato senza molto successo di mettere qualche paletto e il mondo arabo nel frattempo si è infiammato come non succedeva da anni.

Stessa musica a proposito di Ucraina. Rispetto alla narrazione ufficiale del sostegno incondizionato e armato a Kiev, i segnali di stanchezza si avvertono in molte capitali europee, soprattutto ad est, parallelamente all’assenza di una riflessione profonda e condivisa sulle strategie per costruire un possibile compromesso. Lo ha ammesso anche Giorgia Meloni, ma in una truffaldina conversazione off record. Le sensibilità politiche europee, dall’inizio della guerra, seguono pedissequamente il grafico delle sensibilità politiche della Casa Bianca e nessuno osa più nemmeno chiedersi quale atteggiamento tenere nel momento in cui a Washington, con l’avvio della campagna elettorale, dovesse farsi strada il disimpegno. Sta di fatto che in assenza di un’ iniziativa europea, la guerra è entrata in uno stallo tragico. Con l’inverno alle porte, si continua a morire senza che il fronte si sposti. Le armi promesse affluiscono con il contagocce. La Russia, nonostante le sanzioni, resiste anche economicamente. E mentre ancora non si parla di pace, già si parla di ricostruzione. Fondi e banche americane sono ai blocchi di partenza. Kiev ha firmato importanti accordi. L’Europa per ora conteggia le perdite delle proprie aziende, il costo di milioni di profughi, il contributo di aiuti militari e civili dato all’Ucraina, l’aumento delle spese militari. Quest’ultimo dato è forse l’unico che ha fatto davvero l’unanimità, quantomeno come tendenza in tutti i Paesi, a prescindere dalla crisi sociale e dal taglio di molte altre voci di bilancio. Anche se l’aumento della spesa solo in parte avvantaggia il comparto europeo. È il grande rilancio della Nato e dei fornitori americani di quell’Alleanza di cui il presidente francese Macron aveva preconizzato (sic!!) la «morte cerebrale», presto compensata da una potente e mai vista difesa europea.