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Politica

Ipoteche populiste, da Berlino a Parigi

21 December 2023
Massimo Nava - Editorialista Corriere della Sera

Nell’anno in cui celebra il decennale della fondazione, l’Alternartive für Deutschland (AfD),il partito dell’estrema destra tedesca, sotto osservazione per un’eventuale messa fuori legge, ha registrato successi elettorali nelle regioni orientali, dalla Sassonia alla Turingia, e ha superato il 22% nei sondaggi sulle intenzioni di voto per le prossime europee. Una crescita che pone l’estrema destra al di sopra della SPD e dei verdi e tallona da vicino i cristiano sociali. La AfD ha ottenuto anche qualche parziale risultato locale in Asia e Baviera, ma ciò che spaventa la coalizione di governo è la forza di attrazione nei ceti popolari e borghesi di un partito osteggiato dall’establishment, senza grandi mezzi economici e sostanzialmente debole nel sistema informativo.  

L’AfD cresce con i cavalli di battaglia del populismo europeo: immigrazione e sicurezza. Tanto che sia la SPD del cancelliere Scholz, sia sopratutto la CDU di Friedrich Mertz, hanno progressivamente cambiato toni e avviato una riflessione su programmi e proposte che in qualche modo cercano di rispondere alle preoccupazioni dell’elettorato. La CDU fra l’altro ha preso in considerazione la possibilità di centri di accoglienza esterni, sull’esempio proposto dal governo italiano in Albania. Resta da vedere se l’elettorato preferirà l’originale alla copia. Certo è che l’epoca di Angela Merkel, con il suo famoso “Wir Schaffer Das” (ce la faremo), a proposito dell’accoglienza di quasi un milione di profughi siriani, sembra definitivamente archiviata.

D’altra parte, la Germania, a causa del calo demografico e delle esigenze produttive, avrebbe bisogno di manodopera qualificata e non può certo permettersi di chiudere le porte a nuovi ingressi. Sarebbero un milione e settecentomila i posti di lavoro vacanti nei prossimi anni.

Sono fenomeni e contraddizioni che si riverberano in modo quasi speculare in Francia, dove il Rassemblement National di Marine Le Pen è saldamente in testa nei sondaggi per le europee e preme per elezioni politiche anticipate nella speranza concreta di governare il Paese. La recente approvazione in Assemblea della legge sull’immigrazione, che introduce misure restrittive sostenute dalla destra gollista e dall’estrema destra, ha messo a nudo la debolezza del presidente Emmanuel Macron, privo di maggioranza parlamentare, stretto fra un’estrema destra e un’estrema sinistra in crescita, contestato dalle piazze. Le misure contro l’immigrazione illegale e i tagli nell’assistenza pubblica fanno parlare di “clima trumpista” nella patria dei diritti dell’uomo. Il conflitto in Medio Oriente ha inoltre un pesante impatto sulla società francese e negli ambienti studenteschi, in cui si moltiplicano episodi di antisemitismo e islamofobia.

A grandi linee, la crescita del populismo e la crisi di leadership che affliggono Francia e Germania complicano notevolmente gli scenari europei, non soltanto in vista delle elezioni di primavera, ma - soprattutto - indeboliscono il peso specifico della coppia Parigi/Berlino, oltre al fatto che i rapporti fra le due sponde del Reno non sono idilliaci e gli interessi su alcuni dossier sono contrapposti. Se la “coppia” o - come preferiscono gli osservatori esterni, il “motore” - è in panne, è tutta l’Europa che ne risente in un momento in cui si dovrebbe al contrario registrare il massimo sforzo di coesione e unità d’intenti. In questo quadro, il populismo, oltre a premiare i partiti che lo praticano con le armi scontate della propaganda e della facile strumentalizzazione di bisogni popolari anche legittimi e reali, tende a influenzare l’azione dei governi e a ingenerare un più o meno consapevole ripiegamento sulle questioni nazionali. La prova più tangibile sono i segnali di “stanchezza” nel sostegno economico e militare all’Ucraina e le divisioni - nonostante un accordo di facciata - sul processo di adesione all’UE.

Certo non mancano sviluppi positivi, ad esempio in Polonia, dopo la parentesi conservatrice e populista che aveva messo in discussione persino lo Stato di diritto, ma non basteranno a rinvigorire l’UE se Parigi e Berlino non si rimettono in careggiata e soprattutto insieme. Da parte sua, la Polonia, che ha moltiplicato in questi mesi gli investimenti nella difesa, vorrebbe riempire un vuoto di leadership in Europa. Il peso specifico della Polonia, parallelamente all’allargamento della Nato ad Est e al processo di integrazione nella UE di Ucraina, Moldavia e Georgia, sposterebbe verso oriente il centro di gravità politico ed economico dell’Europa. Un fenomeno ancora tutto da analizzare e valutare nei suoi effetti futuri. Ma in atto.