What if? Come la direttiva sulla due diligence potrebbe aiutare il Piano Mattei

Cristiano Maugeri
Policy officer – ActionAid Italia e portavoce della campagna impresa 2030

Probabilmente non è questo il luogo adatto per entrare nell’analisi della retorica del modello di partenariato proposto dal Governo all’interno del Piano Mattei, quell’approccio definito non predatorio, preambolo di ogni intervento e ripetuto refrain intorno al Piano. Quello che è interessante rilevare qui è che, dopo l’enfasi iniziale posta in ogni dichiarazione sul partenariato paritario, segue sempre una ricognizione sulle grandi risorse dell’Africa. 
A questo proposito, il Decreto della Presidenza del Consiglio del luglio 2024 (DPCM 17 luglio), citando la Banca Africana per lo Sviluppo, ci ricorda che l’Africa possiede il 30% delle riserve minerarie, il 7% delle riserve petrolifere e di gas e oltre il 60% delle terre arabili incolte del mondo. 
Sempre nello stesso DPCM, il riferimento alle imprese ed alla promozione del modello italiano di fare impresa, torna sovente. 
Molto spesso, la ricomposizione dei pochi elementi sul Piano Mattei messi a disposizione e le molte dichiarazioni e azioni politiche intorno ad esso, fanno pensare a un’iniziativa di internazionalizzazione delle imprese italiane in Africa più che un piano legato alla cooperazione internazionale. 
Che si tratti di uno o dell’altro, è utile domandarsi cosa accadrebbe se una delle imprese italiane finanziate tramite l’iniziativa Piano Mattei dovesse trovarsi coinvolta, anche in maniera indiretta, lungo la filiera, in una violazione dei diritti umani e/o ambientali. Quali strumenti a disposizione per la rilevazione dei rischi? Quali le procedure di reclamo? In che maniera l’Italia allinea le ambizioni legate al Piano Mattei con gli impegni di carattere ambientale derivanti dagli accordi internazionali?
Preoccupazioni di questa natura derivano dall’osservazione della realtà. Negli ultimi decenni, alcune delle aziende più grandi dell’Unione Europea sono state coinvolte in casi di violazioni dei diritti umani ed ambientali in tutto il mondo. A questo si aggiunga che la crisi climatica è una delle questioni più urgenti da affrontare e che l’agenda internazionale, dettata dall’Accordo di Parigi, non si estende direttamente alle imprese, nonostante queste siano responsabili di gran parte delle emissioni prodotte da ciascun paese.  Infine, la preoccupazione si acuisce di fronte al fatto che la documentazione presentata dal Governo sul Piano Mattei è scarna e generica. 
Un’iniziativa non solo ambiziosa e centrale nella politica estera del Governo, come il Piano Mattei, ma anche che si richiama ad una “[…] metodologia ispirata a un approccio globale e non predatorio, che risponde alle esigenze dell'Africa”, non può non prevedere misure eccezionali di tutela a 360 gradi di fronte ad un contesto tanto articolato e pieno di rischi come quello brevemente descritto. 
Quali sono, dunque, le misure che il Governo intende mettere a regime per garantire un’attenta rilevazione dei rischi nell’ambito di ogni iniziativa finanziata dal Piano? E ancora: se davvero le intenzioni del Piano sono quelle di “[…] imprimere un cambio di paradigma nei rapporti col Continente africano”, perché non essere ambiziosi anche nel proporre soluzioni innovative dal punto di vista della garanzia dei diritti e della tutela dell’ambiente?
Un tema che trova ancora poco spazio nel dibattito pubblico in Italia è quello della condotta responsabile di impresa, ovverosia garantire che le attività delle imprese e degli investitori siano allineate con le esigenze della società tutta. Cosa che può avvenire solo attraverso l’innalzamento degli standard di innovazione e investimento lungo l’intera catena del valore. 
Purtroppo, nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, nelle catene di approvvigionamento permangono lacune che mettono a rischio milioni di lavoratori e lavoratrici. 
Uno spazio di sperimentazione per il Piano Mattei, come già segnalato in sede di audizione parlamentare da noi di ActionAid, potrebbe essere quello offerto dalla Direttiva sulla Due Diligence obbligatoria per le imprese in materia di diritti umani ed ambiente (CSDDD dall’acronimo inglese).  
Si tratta di una direttiva europea, entrata in vigore il 25 luglio del 2024, che impone alle (grandi) imprese l’obbligo di effettuare una due diligence ambientale e dei diritti umani (HREDD dall’acronimo inglese) lungo le loro catene di attività globali. 
La Due Diligence altro non è che uno standard di condotta, attraverso il quale le imprese sono chiamate a dotarsi di uno strumento che gli permetta di identificare e affrontare rischi e danni ai diritti umani ed all’ambiente che potrebbero sorgere lungo le catene di attività. 
L’approvazione della direttiva è stato un percorso tortuoso che ha visto, cosa del tutto inusuale, riaprire, all’inizio del 2024, un dossier sul quale si era già trovato un accordo politico a fine 2023, per rivederne al ribasso il contenuto. Nella fase conclusiva della negoziazione, una grande quantità di organizzazioni del privato profit europeo si è espressa chiedendo la chiusura dell’accordo. Lo stesso è accaduto in Italia.
Ma in che maniera il Piano potrebbe beneficiare della direttiva?
La direttiva si rivolge solo ad imprese di grandi dimensioni e, soprattutto, da qui al luglio 2026 i paesi membri dovranno impegnarsi per acquisire all’interno del proprio ordinamento nazionale i contenuti del testo adottato in Europa. Dunque, ci sono meno di due anni prima di vederla applicata per mezzo di un obbligo di legge. 
Tuttavia, non è necessario aspettare la trasposizione normativa per potersi dotare di questo strumento. Molte aziende, in Europa e nel mondo, fanno già ricorso a sistemi di identificazione e rilevazione dei rischi. Utilizzare, ad esempio, nell’ambito delle iniziative che vengono identificate come Piano Mattei, tra i criteri di premialità quello della presenza di una due diligence, di sicuro contribuirebbe a favorire una condotta responsabile e ad alzare gli standard di tutela dei diritti.
Vista la vaghezza del Piano, inoltre, un richiamo a questo strumento permetterebbe di dare concretezza e garanzie. L’Italia conta oltre 700 imprese che ricadrebbero sotto la direttiva, seconda solo alla Germania, che ne conta il doppio, ma davanti a Francia, Spagna, Olanda. Un richiamo alla due diligence nell’ambito delle procedure richieste per accedere alle diverse tipologie di fondi a cui attinge il Piano Mattei, potrebbe aiutare a diffondere questo strumento. 
Infine, non si può fare a meno di fare un richiamo alla finanza. Come risaputo, il Piano Mattei non conta di risorse proprie ma, in gran parte, finanzia le iniziative per mezzo del Fondo Italiano per il Clima. Il DL 89/2024, rivede la struttura di gestione del Fondo, limitando i poteri dei Comitati di indirizzo e  direttivo, attribuendo invece poteri di verifica di coerenza di ciascun intervento ad un Comitato tecnico composto da quattro rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri. Considerato, altresì, che, come chiarito sempre dallo stesso decreto (art.10, comma 5), tra le finalità del piano rientrano anche iniziative di: “[…] approvvigionamento e sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, incluse quelle idriche ed energetiche”, ed alla luce delle dichiarazioni del Ministro Pichetto Fratin che, senza mezzi termini, dichiara che il Piano Mattei si occuperà anche di gas, tenuto conto di tutto ciò, solide misure di garanzia, di fronte ai rischi di violazioni di diritti umani ed ambientali andrebbero considerate imprescindibili. Gli strumenti finanziari utilizzati devono necessariamente comprendere misure di monitoraggio continuo dei rischi di potenziali violazioni.
Anche qui la direttiva sulla Due Diligence potrebbe venire in soccorso al Piano Mattei, contribuendo ad aumentare il livello di garanzia delle iniziative finanziate dal Piano. La finanza è stata fino all’ultimo considerata tra i settori di applicazione della direttiva, salvo venire poi esclusa alla fine del 2023, prevedendo però, una clausola di revisione più breve del consueto. Entro luglio 2026 si riaprirà il dibattito sull’inclusione del settore. 
Possiamo, concludendo, affermare che una parte delle numerose debolezze del Piano Mattei potrebbero essere mitigate dal ricorso ad uno strumento innovativo come quello offerto dalla due diligence in materia di diritti umani ed ambiente. 
Se davvero le intenzioni dietro al Piano Mattei sono quelle di lavorare per costruire un nuovo modello di partenariato, allora la Due Diligence costituisce un punto di partenza imprescindibile.