Cooperazione non predatoria e infrastrutture digitali: una riflessione necessaria

Cristina Martelli
Scientific Director of the PIN-MoSIS Laboratory , PIN Polo Universitario Città di Prato

La cooperazione non predatoria deve necessariamente affrontare il tema dei giacimenti digitali e di conoscenza che si generano, come effetto collaterale, durante la progettazione, costruzione e utilizzo di opere infrastrutturali. Anche se queste non sono esplicitamente tecnologiche, le loro modalità costruttive, il coinvolgimento degli utenti, le dinamiche di accoglienza e le eventuali problematiche legali producono una ricca quantità di dati. Questi dati diventano una risorsa preziosa per il riuso informativo, supportando decisioni strategiche, analisi del rischio e studi di impatto.
La natura evolutiva di tali dati li rende particolarmente adatti a rappresentare la complessità dei processi intrecciati alle opere stesse. Questo potenziale informativo cresce ulteriormente quando repertori parziali di dati vengono integrati. Tale dinamica ha già trasformato sia la produzione dei dati ufficiali sia quella privata. Da un lato, i censimenti ufficiali si sono ovunque sempre più orientati verso il riuso di fonti amministrative; dall'altro, le tecnologie big data hanno rivoluzionato il modo in cui i dati esistenti vengono valorizzati.

Il ruolo dei dati nei progetti infrastrutturali e nella cooperazione
Quando si avviano progetti infrastrutturali ambiziosi, come quelli delineati dal Piano Mattei, è cruciale considerare l’uso e la regolamentazione dei dati che verranno generati. In Europa, la normativa riflette un approccio basato sul rispetto dei diritti umani, con leggi come il GDPR (Regolamento (UE) 2016/679), il Data Governance Act (Regolamento (UE) 2022/868) e la proposta di regolamento sull’intelligenza artificiale (AI Act, COM(2021) 206 final). Tuttavia, non tutte le nazioni condividono questo orientamento.

Tre modelli di regolazione digitale
Nel suo Digital Empires The global battle to regulate technology (Oxford University Press, 2023), Anu Bradford  analizza tre modelli regolatori distinti:
•    Stati Uniti (market-driven): La regolamentazione è guidata dal mercato, favorendo innovazione e crescita tecnologica con interventi governativi minimi.
•    Cina (state-driven): Il governo esercita un controllo significativo, utilizzando la tecnologia per stabilità sociale e obiettivi nazionali.
•    Unione Europea (rights-driven): L’approccio è basato sui diritti fondamentali, garantendo un equilibrio tra innovazione e tutele dei diritti delle persone.
Questi modelli spesso entrano in conflitto, influenzando la sovranità digitale e il controllo sulle infrastrutture nei paesi in via di sviluppo, costretti a scegliere tra impianti e soluzioni di approccio americano, cinese o europeo, anche in funzione dell’area di influenza a cui appartengono.

Sfide per i paesi in via di sviluppo
Adottare infrastrutture digitali di un paese avanzato dal punto di vista tecnico può vincolare i paesi destinatari agli standard tecnologici e regolatori di quest'ultimo. Le tecnologie cinesi, ad esempio, possono introdurre sistemi di sorveglianza incompatibili con i valori europei, mentre le soluzioni americane possono comportare una maggiore dipendenza dalle aziende private ed una minore regolazione statale.
Questo scenario rischia di limitare l’autonomia politica e tecnologica dei paesi in via di sviluppo, aumentando i rischi per la privacy e la sicurezza dei dati.
Le questioni legate alla cooperazione nell’ambito digitale, inoltre, non si limitano alla necessità che il paese destinatario delle opere infrastrutturali mantenga la sovranità sul proprio patrimonio informativo. È fondamentale anche evitare una nuova forma di estrattivismo, in cui i dati personali e strategici generati dalle nuove infrastrutture finiscano per essere accessibili e sfruttati dal paese che ha collaborato alla costruzione degli impianti. Questo rischio richiede un’attenzione particolare nel definire le condizioni di utilizzo e controllo dei dati, garantendo che rimangano al servizio esclusivo dello sviluppo e della sovranità del paese destinatario.
Esempi virtuosi in Africa
Nonostante queste sfide, molti paesi africani stanno trovando soluzioni innovative per integrare modelli regolatori differenti. A titolo di esempio:
•    Rwanda: Attraverso piani come il National Information and Communication Infrastructure (NICI) e il Smart Rwanda Master Plan, il paese sta investendo in infrastrutture ICT e smart city.
•    Kenya: Con iniziative come M-Pesa e l’e-Citizen Portal, ha rivoluzionato i pagamenti digitali e migliorato l’accesso ai servizi pubblici
•    Nigeria e Ghana: Entrambi hanno implementato agende digitali per promuovere ICT ed e-government, migliorando la governance del territorio e i servizi pubblici. 

L'effetto Bruxelles e la cooperazione digitale
Un obiettivo strategico per l’Italia, nelle sue azioni di cooperazione, dovrebbe essere quello di estendere l’effetto Bruxelles, ovvero l’influenza normativa globale esercitata dall’UE grazie alle sue regole stringenti. Nell’ambito delle tecnologie digitali, questo fenomeno ha già imposto standard globali sulla protezione dei dati e la sostenibilità. Portare questo approccio nei progetti di cooperazione significa promuovere valori europei come trasparenza, equità e diritti umani, rendendo le tecnologie digitali un catalizzatore per uno sviluppo globale inclusivo e sostenibile.