I diritti umani: una comunicazione semplice per proporli e difenderli

Alessandro E. Costa
Fondatore di Costa Consulting Services (CCS)

Ho insegnato i diritti umani per trent’anni nella II Università di Roma e alla Parthenope di Napoli. Però quello che ho imparato su questo tema è venuto soprattutto dal mio lavoro di cooperazione allo sviluppo, in tantissimi paesi come quelli arabi del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell’Africa. Ho quindi appreso molto di più dall’esperienza che ho accumulato presso questi popoli, per i quali i diritti umani sono, purtroppo, ancora un’astrazione teorica.

Da un giurista ci si aspettano spesso analisi di testi e studi, ma non sarà con questi che promuoveremo e difenderemo i diritti umani in un mondo nel quale la guerra e la violenza ci stanno riproponendo la logica del più forte. Ricordo sempre che mio padre mi diceva che, anche quando ti trovi ad essere il più forte, imporsi con la forza non solo è contrario all’etica e alla morale, ma è molto pericoloso perché potresti sempre incontrare qualcuno che è più forte di te. Golia non si aspettava di perdere contro Davide, un ragazzino che non era certamente un gigante come lui.

Nelle mie lezioni universitarie in tutto il mondo, avevo capito che stavo descrivendo documenti e studi che rimanevano pura teoria. Un giorno, in una classe di studenti, ho chiesto a una ragazza di alzarsi in piedi davanti a me e ad un ragazzo di prenderle le mani mettendole dietro la sua schiena e di portarla fuori dell’aula. Quando non erano più con noi, ho proposto agli altri questa domanda “se si trattasse di una persona della vostra famiglia, preferireste che ci fosse un giudice a verificare la legalità del suo arresto, oppure vi rassegnereste a non vederla mai più, senza neppure sapere di cosa la si accusa?”. A quel punto si sviluppava una vivace discussione e tutti cominciavano a capire che i diritti umani non sono una visione teorica, ma una conquista ottenuta dopo secoli, che serve solo a difendere la nostra vita e la nostra dignità.

È molto più difficile riassumere in un solo concetto il valore di questa fondamentale conquista del mondo occidentale. Proponevo quindi un essenziale percorso storico. Nessuno si è accorto prima d’ora che il vero antesignano dei diritti umani è stato Ippocrate, l’inventore della medicina. Il giuramento che propone ai medici, quattrocento anni prima di Cristo, dice alla fine che il medico non può fare differenze fra uomini e donne, liberi e schiavi. Un inizio fondamentale per l’uguale trattamento degli esseri umani. Molti secoli dopo è stata stipulata la Magna Cartha del 1215, seguita dalle concezioni più moderne e strutturate: la Dichiarazione di Indipendenza delle colonie americane dall’Inghilterra (1776) e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, il grande risultato della Rivoluzione Francese, che rappresenta, ancora oggi, una fondamentale pietra miliare.

La struttura dello stato democratico, con le garanzie che esso dà ai cittadini, si deve a Montesquieu che, come è noto, ha concepito nella sua straordinaria opera L’ésprit des lois del 1748, la separazione dei tre poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario.

Questo lungo percorso si è tradotto, infine, nella Dichiarazione Universale dei diritti umani dell’Assemblea dell’ONU nel 1948, e nei Patti del 1966 relativi ai diritti economici, sociali e culturali e a quelli sui diritti civili e politici.

Il cammino verso l’assicurazione a tutti gli esseri umani di diritti e dignità è durato, quindi, più di settecento anni. E oggi, giustamente, lo consideriamo uno dei più grandi risultati della cultura e della politica della storia umana.

La gran parte dei paesi del mondo continuano però a vivere in Stati dove i diritti umani sono completamente ignorati, o affermati solo in linea di principio. Siamo attoniti di fronte al bombardamento e uccisione di civili innocenti in guerre e conflitti che pensavamo sepolti nelle faglie della storia.

Nella mia generazione non avremmo mai immaginato quello che sta facendo Putin in Ucraina, né che uno stato democratico come Israele avrebbe reagito ignorando la vita e i diritti di cittadini innocenti, giustificandoli come una risposta all’altrettanto feroce brutalità dei terroristi di Hamas il 7 ottobre 2023.

Per non parlare dei colpi di Stato e dei massacri che sono avvenuti in Europa, nelle guerre dei Balcani (1990) e dei colpi di stato e violenze di ogni genere tutt’ora in corso in Africa, ma anche nel Myanmar e in tanti altri luoghi del mondo.

A mio avviso, il percorso di affermazione dei diritti umani può tradursi in un concetto estremamente sintetico e semplice: ‘difendere i cittadini dal potere dello Stato’. 

Se si parte da questa considerazione, non solo i diritti umani diventano concreti e comprensibili, ma si potrà capire anche il senso delle democrazie in rapporto alle molte tirannidi di ieri e di oggi.

Ad alcuni giuristi e studiosi questa potrebbe apparire una semplificazione. Però oggi il nostro obiettivo è ritornato combattere per i diritti e la democrazia, non come valori meramente occidentali, ma come premessa fondamentale per migliorare la vita di tutti gli esseri umani, in qualsiasi parte del mondo essi vivano.

Cosa risponderebbero un cittadino cinese, un russo o un africano se gli chiedessimo se preferirebbero poter manifestare liberamente ogni loro idea, che ci fosse un giudice a sorvegliare ogni attività dello Stato, se ognuno avesse diritto a uno stipendio decente e se potessero associarsi liberamente per promuovere comuni principi e interessi? Coloro che affermano che i diritti umani sarebbero soltanto una espressione della cultura occidentale – guarda caso autocrati e tiranni – spacciano spesso questa menzogna, ovviamente, per giustificare il loro illimitato potere.

Anche nelle democrazie occidentali si affacciano prepotentemente partiti politici che sotto l’ipocrita definizione di sovranismo o nazionalismo, propongono di ritornare indietro nella storia. Questo significa che nessuna acquisizione della cultura umana è per sempre. Però spesso qualche intellettuale, sciocco o servo del potere, sostiene l’idea che la democrazia non serva per alcuni popoli, o peggio, che le democrazie sono diventate deboli e incapaci di servire adeguatamente i cittadini.

Solo nell’ultimo dopoguerra e milioni di morti, abbiamo creato l’ONU, la Corte di Giustizia Internazionale, la Corte Penale Internazionale, la Corte di Giustizia della UE e le Corti regionali create da molti gruppi di paesi del mondo. Gli esseri umani avevano anche bisogno di giudici che affermassero e imponessero il rispetto dei diritti fondamentali, ma molti paesi importanti, come la Russia e gli Stati Uniti d’America, non hanno accettato che ci fossero giudici internazionali competenti a condannare i loro cittadini. Sottrarsi alla giustizia è uno dei primi segnali di Stati che vogliono far prevalere la forza sul diritto.

Molti nel mondo, nelle grandi democrazie, ma anche in paesi autoritari come l’Iran, la Cina o la Turchia – per citarne solo alcuni – stanno combattendo al prezzo della vita e del carcere, perché ritengono fondamentale il rispetto dell’uguaglianza fra uomini e donne e tra tutti i gruppi, qualsiasi sia il colore della loro pelle o il credo che praticano.

La battaglia per non tornare alle guerre di religione e alla logica del più forte, non si deve fermare, ma dobbiamo spiegare meglio ai giovani e a tutti i cittadini che i diritti umani non sono soltanto documenti, accordi e trattati, buoni per i giuristi, ma quegli strumenti che preservano la dignità dell’uomo e la difesa contro il potere dello Stato.