Mediterraneo e difesa nel contesto della guerra russa in Ucraina
La visita negli Stati Uniti del 14 luglio del Ministro della Difesa Guerini ha costituito un ulteriore tassello vitale per il rafforzamento del pilastro securitario nel contesto dell’alleanza transatlantica. Per quattro motivi chiave. Il primo vede il rafforzamento del riposizionamento italiano in chiave atlantista che ha caratterizzato il governo Draghi sin dal suo insediamento. Secondo, ha visto un riconoscimento pubblico dell’Italia come alleato più affidabile di Washington all’interno del contesto NATO. Terzo, perché ha confermato il forte impegno italiano nel sostegno all’Ucraina ed al fianco Est.
E quarto, perché il Mediterraneo e la speciale attenzione italiana per la regione rimangono pilastro cruciale dell’azione italiana esterna, nel contesto UE come quello NATO.
Dopo la crisi finanziaria, l'ondata migratoria e la pandemia, l'invasione russa dell'Ucraina ha nuovamente ridisegnato l'equilibrio di potere all'interno dell'Europa e tra l'UE e le altre potenze globali; ha violentemente reindirizzato l'attenzione dell'UE dal suo fianco meridionale a quello orientale; ha ribaltato la lista delle priorità regionali dell'UE, come l'energia o il processo di adesione.
Sebbene l’attuale crisi securitaria sia partita dal fianco Est, ancora una volta, il Mediterraneo è quindi diventato il campo di gioco in cui le conseguenze di questa guerra sono più visibili e tangibili per l'Europa ed in cui prospettive e cooperazione sono nuovamente a rischio. Se il 2020 era visto come un punto di svolta costruttivo per l'approccio dell'Europa al Mediterraneo, oggi ci troviamo di nuovo, a causa della guerra, in una situazione di grande instabilità, per una serie di diverse motivazioni.
La prima causa di rischio è l'urgente ricerca di un nuovo equilibrio energetico e di indipendenza dalla Russia, che vede coinvolti molti attori e fornitori della regione MENA e del Mediterraneo, molti dei quali con una situazione interna politica e democratica instabile; la seconda ragione risiede nel fatto che lo slancio politico emerso dall'attuale guerra con il sostegno alla candidatura dell'Ucraina all'adesione all'UE non stia considerando tutti i protagonisti dell'allargamento, in primis i Balcani occidentali; in terzo luogo, perché il principale campo di opportunità e cooperazione, vale a dire infrastrutture, connettività energetica e omogeneizzazione delle regole commerciali, manca ancora di efficacia, come sottolineato dal rapporto 2021 dell'’Unione per il Mediterraneo. Il quarto motivo vede l’emergere di un Medio Oriente multipolare come reazione al ridimensionamento dell’impegno americano nella regione. Il quinto motivo vede il rafforzamento politico, tecnologico, economico e commerciale del ruolo di Cina e Russia nella regione.
Il sesto, più inerente all’UE, riguarda la questione della sovranità europea a rischio, soprattutto nel rafforzare la propria capacità di gestire le complesse interdipendenze che caratterizzano il mondo di oggi. E il Mediterraneo è l'esempio perfetto di quanto possa essere complessa un'interdipendenza.
Lo European Council of Foreign Relations ha recentemente pubblicato lo European Sovereignty Index, uno strumento di valutazione dei principali punti di forza e di debolezza dei 27 Stati membri sui temi del clima, difesa, economia, sanità, migrazione e tecnologia. L'analisi non si limita ai contributi nell'ambito dell'UE, ma include anche altre iniziative che consentono agli europei di lavorare insieme per migliorare la loro capacità di azione.
Secondo lo studio, a cura di Jana Puglierin e Pawel Zerka, le condizioni della sovranità europea sono “buone” in termini di sanità ed economia, “soddisfacenti” in materia di difesa, clima e migrazione e “scarse” in termini di tecnologia. È stato dunque rilevato come in tre aree – tecnologia, clima e difesa – l’Europa appaia molto più attiva in termini di impegni presi che di capacità concrete, segnalando una forte volontà politica ostacolata però dalla mancanza di risorse o dal mancato rispetto delle dichiarazioni da parte dei leader europei.
Sul tema difesa, senza l’assistenza militare statunitense, l’Europa ha una capacità limitata di rispondere alle crisi e ai conflitti. Per quanto riguarda la sovranità europea in materia di difesa, i risultati sono mediocri, con una notevole disparità tra i vari Stati membri. Se esiste un forte sostegno pubblico e un’importante volontà politica per la difesa europea, poche sono le capacità. Inoltre, esiste un forte divario tra la percezione media europea e quella francese, risultato che suggerisce come Macron fino ad ora non sia riuscito a convincere gli altri Paesi sulla sua visione della “sovranità nel settore della difesa”.
Guardando al posizionamento dell’Italia, lo studio ECFR evidenzia come l’Italia sia terza, dietro a Germania e Francia, dato non scontato: l’Italia ha successo a sostegno della sovranità europea in materia sanitaria e di difesa, con il potenziale di diventare un “attore influente” all’interno del blocco europeo.
Ed il Mediterraneo dovrebbe essere lo sbocco naturale di tale attivismo strategico e politico dell’Italia. Nella recente Strategia di sicurezza e difesa per il Mediterraneo, il Ministro Guerini ha ribadito come il Mare Nostrum allargato rimanga senza alcun dubbio l’area di interesse strategico nazionale in cui l’Italia deve e può svolgere un ruolo di primo ordine, non solo sul piano del contributo delle forze armate ma anche su quello commerciale, politico, strategico e della pace. Sebbene l’invasione russa dell’Ucraina abbia inizialmente spostato il baricentro da Sud verso Est, a cinque mesi dall’inizio del conflitto è chiaro come il Mediterraneo rivesta una nuova centralità nella gestione delle instabilità derivanti dal conflitto, in primis energia e crisi alimentare, elementi destabilizzanti per la regione mediterranea e per quella africana, con un’attenzione particolare su Corno d’Africa, Golfo di Guinea e Sahel.
Diplomazia e capitale militare dovrebbero essere gli strumenti che l’Italia dovrebbe offrire agli alleati europei e atlantici per contribuire alla stabilità e progresso della sponda sud dell’Europa. E questo dato viene proprio confermato dallo studio ECFR. Dietro Germania e Francia, e ben sopra la media europea, l’Italia ha dimostrato da una parte un pro-attivismo inaspettato su sicurezza e difesa, elemento sorprendente se pensiamo al tradizionale disimpegno italiano dalla questione securitaria del fianco Est dell’Europa, pro-attivismo rafforzato dal distacco energetico e politico dalla Russia a seguito della decisione di Putin di invadere l’Ucraina. Dall’altro ha dimostrato la volontà politica di sostenere Germania e Francia nel rafforzamento dell’azione europea in questo settore, attraverso un forte e proclamato impegno negli intenti, con spesa sulla difesa, supporto politico e flessibilità pragmatica; come anche attraverso dispiegamento di propri asset militari, con presenza militare, partecipazione alle missioni NATO e CSDP e coinvolgimento flessibile in operazioni e coalizioni ad hoc.
Molto interessante poi, se si guarda all’analisi ECFR, è proprio il contesto Mediterraneo di azione sul tema sicurezza e difesa. Secondo i dati del rapporto, i 4 Stati membri del Sud, ossia Italia, Grecia, Spagna e Portogallo, figurano tra i maggiormente attivi e sostenitori del tema securitario, a conferma di come la percezione della centralità della regione non solo su tema migratorio, energetico e infrastrutture, ma anche su difesa europea.
Volontà politica e asset militari appaiono dunque pilastri chiave dell’azione italiana sulla difesa, specialmente nel Mediterraneo. Ma vale lo stesso per la percezione che l’opinione pubblica italiana ha di questo tema? Nei primi mesi dall’invasione russa in Ucraina, l’opinione pubblica europea ha contribuito a delineare la risposta politica dell’Europa con determinazione supporto. Ma è lo stesso oggi, mentre entriamo nel sesto mese di conflitto? Un recente sondaggio rivela che tale coesione potrebbe venire meno a causa delle divergenze nelle preferenze dei cittadini, che potrebbero indebolire questa unità.
Secondo un’analisi ECFR a cura di Mark Leonard ed Ivan Krastev sulla base di un sondaggio in 9 Paesi dell’UE e Regno Unito, sebbene gli europei si sentano molto solidali nei confronti dell’Ucraina, prevale il fronte degli elettori “pacifisti” che auspicano che la guerra finisca il prima possibile, mentre il fronte della “giustizia” (solo 1 europeo su 4) ritiene che l’obiettivo più urgente sia punire la Russia.
I cittadini europei sono preoccupati dal costo delle sanzioni economiche e dalla minaccia di un’escalation nucleare e man mano che il conflitto procede, tale preoccupazione cresce. Come anche mutano le percezioni sull’affrontato tema della sicurezza e difesa, tema mai stato in cima alle priorità dei cittadini europei e specialmente di quelli italiani per cui sicurezza economica e migrazione hanno sempre avuto attenzione prioritaria. Secondo il sondaggio ECFR, il 63% degli italiani, dato più alto tra tutti i Paesi intervistati non vuole un aumento delle spese nel settore sicurezza e difesa nel contesto bellico.
La guerra è come un giro sulle montagne russe secondo il report ECFR: l’opinione pubblica può cambiare a ogni salita e discesa e può anche imprimere un impulso decisivo. E sarà proprio la gestione dell’opinione pubblica europea uno dei principali terreni di scontro tra forze populiste ed europeiste e une delle principali sfide di leader ed istituzioni europee, tanto per la tenuta degli assetti nazionali quanto di quello europeo. Ed il Mediterraneo, rappresentando sia il confine meridionale dell’UE ma anche dossier prioritario solo per una parte degli Stati membri, avrà un grande potenziale destabilizzante sulla gestione dell’opinione pubblica soprattutto quando la questione migratoria, ora in ombra, ritornerà alla ribalta ed in cima alla lista delle priorità UE.
A concludere: un tema chiave che con la guerra russa in Ucraina rischia di rimanere in penombra è quello della cooperazione UE-Africa, che vede proprio nel Mediterraneo un luogo chiave della propria implementazione e successo o insuccesso. L’attuale conflitto non ha distolto l’attenzione russa e cinese dal continente africano, dalle sue fragilità e opportunità. Mentre l'Europa sta facendo di tutto per sganciarsi gradualmente ma definitivamente dalla Russia e con uno sguardo sempre attento alla propria dipendenza dalla Cina, l’Africa rimane terreno di scontro e competizione energetica, tecnologica e politica tra la visione europea e quella sino-russa. A questo si aggiunge l’impatto della crisi del grano, esempio credibile di come le scelte di politica estera prima o poi abbiano ripercussioni imprevedibili dovute al mondo estremamente interconnesso in cui viviamo. La crisi del grano, risultato dell'attuale invasione russa dell'Ucraina, sta rappresentando una seria minaccia per la stabilità sociale ed economica del continente africano, e lo fa passando proprio da Nord Africa e Mediterraneo.