La centralità polisemica della Penisola arabica: fattori geoeconomici e geostrategici
Oggi più che mai, il concetto di Penisola arabica è polisemico: esso contiene significati politici, geografici e strategici. Di certo, dal decennio 2010-2020, la Penisola arabica ha assunto una nuova centralità nel quadrante mediorientale. Non solo: fattori geoeconomici e geostrategici rendono quest’area uno spazio sempre più globale, in cui la storica dimensione marittima si rinnova ma rimane protagonista. In questo contesto, gli Accordi di Abramo sono la sintesi della graduale convergenza economica e di sicurezza fra numerosi attori dell’area.
Definire e ri-definire la Penisola arabica
Ci sono molti modi di guardare e di pensare la Penisola arabica. Da una prospettiva politica, la Penisola arabica è composta dalle sei monarchie del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein, Kuwait, Oman) e dallo Yemen. Da un punto di vista geografico, la Penisola arabica è una regione naturale più vasta, che arriva a includere la penisola del Sinai (Egitto), la Giordania, parte della Mesopotamia (Iraq e nord-est della Siria). In un’ottica strategica, la Penisola arabica è un territorio ancora più esteso poiché condiziona -e viene influenzato- dalle dinamiche del Mediterraneo Orientale, del Mar Rosso e del Mar Arabico fino all’Oceano Indiano Occidentale. Insomma, la Penisola arabica è un insieme di cerchi concentrici il cui raggio d’influenza si irradia sempre più lontano, saldandola alle dinamiche della globalizzazione e ora, forse, della deglobalizzazione. “Interdipendenza” e “competizione” sono le parole-chiave per comprendere questo spazio strategico. Da un lato, attori locali, regionali e internazionali sviluppano connessioni economico-geopolitiche che vanno dalla partnership alla clientela. Dall’altro, attori regionali e internazionali ingaggiano competizioni di potere mediante territori e attori locali. La storica vocazione marittima della Penisola arabica porta con sé implicazioni geoeconomiche e geostrategiche: non è casuale che le coste, le isole e gli stretti della Penisola siano, al contempo, vettori di interdipendenza economico-commerciale-militare, nonché motori della competizione fra attori.
Fattori geoeconomici
Le principali variabili geoeconomiche della contemporaneità passano attraverso e intorno la Penisola arabica, incluse le sue vie e stretti marittimi (Bab el-Mandeb e Suez). La geoeconomia, intesa come il dominio dello spazio economico-commerciale, è altresì la variabile che orienta -sempre più spesso- le scelte politiche degli stati. Infatti, dal decennio 2010-2020, la compresenza di due direttrici geoeconomiche, una dalla Penisola arabica e l’altra verso la Penisola arabica, ha contribuito a rafforzare la centralità della regione. La prima direttrice riguarda la diversificazione post-idrocarburi nelle monarchie del CCG, con l’elaborazione delle “Visions”, i piani nazionali di trasformazione economico-sociale. Per Riyadh, Abu Dhabi o Muscat, diversificare non significa soltanto attingere ai propri fondi sovrani, ma soprattutto attrarre investitori internazionali per lo sviluppo dei settori non-oil: dal manifatturiero alle tecnologie, dall’industria al turismo, dalle infrastrutture all’urbanistica. In tale contesto, la seconda direttrice, ovvero la penetrazione economico-commerciale verso la Penisola arabica di Cina, India, in misura minore Russia, sintetizzata dalla Belt and Road Initiative (BRI) cinese, appare addirittura complementare alla prima. Infatti, le crescenti esigenze energetiche di Pechino e Nuova Delhi si combinano con le necessità d’investimento delle monarchie in trasformazione: a beneficiarne sono soprattutto porti commerciali, nuove città e aree industriali costiere. Così, il trade off (fin qui) virtuoso fra petrolio e business salda nuove partnership, anche politiche, all’insegna dell’ordine multipolare.
Fattori geostrategici
Inoltre, lo spazio della Penisola arabica si caratterizza oggi per la compresenza di tre variabili geostrategiche, dunque che attengono, principalmente, alla dimensione militare. La prima è il conflitto in Yemen. Una guerra, iniziata nel 2015, che ha radici interne e politiche, ma che ha gradualmente assunto significati geopolitici, dato il coinvolgimento diretto e indiretto di Arabia Saudita, Iran ed Emirati Arabi. Gran parte dei gruppi armati yemeniti, con sponsor regionali, controllano le coste e le isole del paese, inclusi i porti e i terminal energetici. Inoltre, gli houthi (Ansar Allah), il movimento-milizia sciita di Saada che governa, di fatto, il nord-ovest del paese, svolge attacchi frequenti (con missili, droni, imbarcazioni a controllo remoto e mine marittime), contro obiettivi civili sauditi ed emiratini, anche nel Mar Rosso. La seconda variabile riguarda le politiche estere assertive che Arabia Saudita, Emirati Arabi e Qatar hanno perseguito, dopo il 2011, nella regione mediorientale e non solo. La competizione fra sauditi, emiratini e qatarini si è infatti espressa attraverso il sostegno, in paesi terzi, a formazioni politiche e gruppi armati, insieme alla stipulazione di accordi di difesa e all’apertura di basi militari. Un aspetto che si intreccia con la terza variabile: la competizione globale per la regione della Penisola Arabica-Mar Rosso-Golfo di Aden-Corno d’Africa. Qui i principali attori regionali e internazionali hanno aperto basi militari permanenti (per esempio, la Francia negli Emirati, la Gran Bretagna in Bahrein e Oman, la Turchia in Qatar e Somalia, la Cina e l’Arabia Saudita a Gibuti, gli Emirati in Eritrea fino al 2021 e, con il controllo di gruppi filo-emiratini, nelle isole yemenite di Perim/Mayyun e Socotra), o raggiunto accordi per la concessione di porti e aeroporti.
Come gli Accordi di Abramo sintetizzano la polisemia della Penisola arabica
Gli Accordi di Abramo del 2020, ovvero la normalizzazione dei rapporti diplomatici fra Emirati Arabi, Bahrein e Israele, rappresentano la sintesi di cosa significhi ′Penisola arabica` oggi: essi ne racchiudono la concezione politica, geografica e strategica. Infatti, gli Accordi di Abramo nascono dall’area politica delle monarchie del Golfo (concezione politica), plasmano e rafforzano la cooperazione con i territori della Penisola che si congiungono al Mediterraneo (concezione geografica), ma hanno una proiezione economico-commerciale e di difesa che si irradia dal Mediterraneo Orientale fino all’Oceano Indiano, attraverso il Mar Rosso (concezione strategica). Inoltre, negli Accordi di Abramo, elementi geoeconomici e geostrategici sono egualmente presenti. È il caso, per esempio, dell’accordo di libero scambio fra Emirati e Israele (2022) e dell’accordo di difesa fra Bahrein e Israele (2022). Due le implicazioni di medio-lungo periodo. Le dinamiche geoeconomiche e geostrategiche saranno sempre più intrecciate, poiché la promozione degli interessi economici condivisi si traduce, anche, in convergenze sul tema della sicurezza; in più, gli Accordi di Abramo facilitano la cooperazione anche fra paesi che non sono direttamente firmatari (per esempio, Arabia Saudita e Oman hanno svolto le prime esercitazioni navali con Israele nel quadro dell’International Maritime Exercise 2022 a guida statunitense). Il segno tangibile che le nuove cornici istituzionali non delimitano gli effetti della cooperazione. Le ricadute economiche e di sicurezza investono, infatti, uno spazio più vasto poiché polisemico: quello dell’intera Penisola arabica.