Nicaragua: una democrazia in sgretolamento
Nell’ottobre 2020 l'Organizzazione degli Stati Americani (OSA) e l'Unione Europea avevano chiesto al governo nicaraguense della coppia presidenziale Ortega-Murillo di concordare con l'opposizione entro il mese di maggio 2021 una riforma democratica del sistema elettorale, per far sì che le elezioni del prossimo novembre siano davvero libere e trasparenti. La risposta del regime si è fatta sentire tra la fine di maggio e l’inizio di giugno con una serie di azioni fortemente intimidatorie nei confronti dell'opposizione: avvio di un procedimento giudiziario contro Cristiana Chamorro Barrios, la potenziale candidata presidenziale che i sondaggi indicano essere la più "pericolosa" per Ortega, accusata di riciclaggio per presunti finanziamenti non dichiarati dalla Fondazione da lei diretta e provenienti da USAID (accusa respinta, bilanci alla mano); carcere preventivo di almeno tre mesi per ex-amministratori della Fondazione; sospensione dei diritti politici di Cristiana Chamorro Barrios – una misura illegale in Nicaragua come in Italia, in assenza di processo e condanna, - cui hanno fatto seguito divieto di lasciare il paese e infine gli arresti domiciliari. Nel frattempo sono convocati per deporre in tribunale intellettuali, giornalisti, impiegati amministrativi, leader dell'opposizione. Compreso lo scrittore Sergio Ramírez, già vicepresidente negli anni Ottanta durante la prima presidenza Ortega e con lui sconfitto nelle urne nel 1990 da Violeta Barrios de Chamorro, madre di Cristiana. (Sergio Ramirez è dagli inizi degli anni Novanta uno dei maggiori critici di Ortega, accusato di essersi appropriato del partito FSLN e di averne tradito gli ideali.)
Le pressioni della comunità internazionale non hanno avuto esito positivo e purtroppo sta avvenendo quel che si temeva. Il momento scelto per l’attacco all’opposizione e alla persona di Cristiana Chamorro Barrios non poteva essere più “simbolico”: oltre ad avere luogo alla scadenza del termine indicato da OSA e UE, l’operazione si è svolta durante la visita in America Centrale di Antony Blinken, Segretario di Stato dell’amministrazione Biden. Da San José del Costarica, dove si è riunito con i ministri degli esteri centroamericani – compreso il nicaraguense Moncada, – Blinken ha commentato che quanto sta avvenendo in Nicaragua denota il timore del governo Ortega verso il giudizio popolare.
La Segreteria Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani ha emesso un comunicato con cui condanna l’arresto e la privazione dei diritti politici di Cristiana Chamorro Barrios e sottolinea come “il nuovo attentato alla democrazia che ha avuto luogo ieri (1. giugno, N.d.T.) rende impossibile la realizzazione di elezioni libere, giuste e trasparenti nel paese. Azioni come queste tolgono credibilità politica al governo e agli organizzatori del processo elettorale”. La Segreteria Generale dell’OSA chiede tra l’altro “l’immediata liberazione dei prigionieri politici, la cessazione delle tattiche di intimidazione contro gli oppositori, la restituzione delle libertà civili e politiche, e chiede di riportare il paese verso la democrazia attraverso elezioni libere, pluraliste, giuste, trasparenti e con osservatori internazionali nel novembre di quest’anno”. Nel commentare quanto sta avvenendo in Nicaragua, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha sottolineato che “non possono esserci elezioni libere e credibili senza garantire i diritti umani di tutti i candidati e degli elettori”, chiedendo a Ortega di “mettere fine agli attacchi contro l’opposizione, la stampa indipendente e la società civile”. Il Servizio di azione esterna dell’Unione Europea ritiene che “le azioni giudiziarie contro Cristiana Chamorro Barrios siano incompatibili con un processo elettorale credibile, trasparente e aperto all’opposizione e ai suoi candidati".
La nicaraguense Gioconda Belli, una delle maggiori scrittrici latinoamericane, già militante sandinista negli anni Settanta e Ottanta, ha diffuso il comunicato dell'OSA commentando: "Ricordo che l’OSA diede il grande passo di disconoscere Somoza quando lottavamo contro quella dittatura. Ora il sandinismo accusa l’OSA di ‘ingerenza’, proprio come fece Somoza ai suoi tempi. Quanti dei miei amici gente straordinaria - diedero la propria vita per togliere di mezzo la dittatura in Nicaragua: e oggi vediamo Ortega seguire le orme di Somoza in nome della ‘difesa’ di quella rivoluzione che lui ha tradito molti anni or sono".
L’azione giudiziaria contro Cristiana Chamorro Barrios colpisce colei che riscuote il maggior consenso in quella grande fascia della popolazione nicaraguense che si oppone a Ortega e al predominio del partito FSLN e che al tempo stesso è disorientata dai personalismi che hanno sinora diviso l’opposizione politica. La diffusa opposizione sociale non è sinora riuscita a trovare un’espressione politica unitaria, solida e credibile. La candidatura di Cristiana Chamorro Barrios potrebbe essere un fattore unificante per le diverse componenti oggi divise tra Coalizione Nazionale, Alleanza Civica e alcuni altri piccoli gruppi, la cui rappresentatività è inversamente proporzionale al grado di litigiosità.
Sondaggi realizzati nei mesi scorsi dalla società Gallup mostrano come il partito al potere FSLN abbia un consenso che non supera il 25-32%. La figura di Cristiana Chamorro Barrios raccoglie un gradimento del 53%, contro il 39% di Ortega. Occorre ricordare che pur essendo condotti da una rinomata società indipendente, questi sondaggi sono svolti per via telefonica in un paese dove molto alto è il controllo sui comportamenti individuali e collettivi e dove spesso si ha paura a esprimere liberamente le proprie convinzioni. Questi stessi sondaggi mostrano come, al di là delle figure degli aspiranti candidati, non vi sia al momento nessuna forza politica di opposizione capace di catalizzare in modo significativo il malcontento. Un'idea del clima che si respira nel paese dopo la durissima repressione del 2018-2019 che ha provocato centinaia di morti, migliaia di incarcerazioni, sparizioni e violenze poliziesche, la dà il divieto a tutte le manifestazioni sociali e politiche di opposizione, il permanere di pattuglie di polizia davanti alle case di molti leader oppositori impedendo loro di uscire in una sorta di "arresti domiciliari di fatto", le centinaia di attivisti antigovernativi ancora in carcere e riguardo alle cui condizioni molte organizzazioni per i diritti umani hanno ripetutamente denunciato abusi e violenze.
A questo punto sembra difficile che le elezioni presidenziali e parlamentari del prossimo novembre possano svolgersi con le garanzie di libertà e trasparenza richieste dall’OSA e dalla UE nei mesi scorsi e come nuovamente auspicato da questi organismi internazionali per superare il gravissimo conflitto sociale e politico che da anni attraversa il Nicaragua.
Nelle rivolte in larga parte pacifiche che hanno paralizzato il Nicaragua nella primavera del 2018 sono state uccise oltre 350 persone dalla polizia e da forze paramilitari legate al governo, e tre anni dopo si stanno sgretolando pezzi fondamentali dell'istituzionalità democratica. Tutto questo avviene in una regione centroamericana dove anche altri paesi soffrono la riduzione degli spazi democratici, ricorrenti violazioni dei diritti umani, attentati all'indipendenza della magistratura, mentre continuano a emergere gravissimi casi di corruzione, criminalità organizzata, legami politica-narcotraffico. Si tratta di una regione molto povera e al tempo stesso cruciale per quanto riguarda i traffici internazionali di droga e armi, l'incidenza delle bande criminali, l'esodo di milioni di persone verso gli Stati Uniti spesso con esiti drammatici come quelli cui assistiamo nel Mediterraneo e lungo la rotta balcanica.