L’America Latina al tempo del coronavirus

Antonella Cavallari
Direttore Centrale per i Paesi latinoamericani e caraibici presso il Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale e Segretario Generale IILA

L’articolo introduttivo e i numerosi successivi interventi di questo ricco e interessante forum fotografano un’America Latina in pieno fermento, scossa da crisi istituzionali e sociali prima ancora che economiche, anche se - abbastanza ovviamente direi - le concrete motivazioni economiche hanno spesso rappresentato la scintilla che ha dato fuoco alle polveri, portando in strada non solo le classi meno abbienti ma anche quei ceti medi minacciati nel loro nuovo benessere, quegli strati della popolazione ex poveri e ora a rischio di tornare nell’indigenza. Proprio l’essere diventati media borghesia acuisce il senso di frustrazione per non potersi permettere ciò che ora il mondo globalizzato sembra offrire a piene mani e la paura di tornare nelle “favelas”. Al cittadino che si lamentava delle strade troppo congestionate qualcuno ha risposto che nel momento (non troppo lontano) in cui furono tracciate non si aveva idea di quanti avrebbero potuto permettersi un’auto... e lui ricordò che in effetti fino a pochi anni prima neanche sognava di averne una.

Le analisi “a caldo” delle proteste, che ora sembrano essere messe anch’esse in quarantena, si rivelano oggi particolarmente utili anche per far fronte allo scoppio della pandemia da coronavirus: comprendere le radici del malessere potrebbe voler dire anche prevenirne il peggioramento, avendo chiara la direzione in cui agire nell’immediato, forti della necessità che il momento impone, e soprattutto trasformare questa tremenda disgrazia collettiva in una opportunità per migliorare.

Partiamo dalle cause del malcontento, che altri hanno già ottimamente commentato e che quindi mi limito a riassumere: istituzioni generalmente fragili verso le quali ben meno della metà della popolazione latinoamericana nutre fiducia, forte limitazione delle politiche pubbliche a vantaggio della “mano libera del mercato” con conseguente assenza di un welfare state, enorme diseguaglianza sociale con larghi strati di popolazione privi di servizi essenziali di qualità, scarso contrasto alla criminalità organizzata e correlata esigenza di sicurezza spesso soddisfatta a prezzo di cedere a tentazioni autoritarie, pervasività della corruzione e una commistione di interessi tra politica e imprese in grado di sottrarre risorse ingenti alla crescita e allo sviluppo.

E’ evidente che in una situazione del genere lo scoppio della pandemia presenta rischi ancor maggiori rispetto ai paesi dove finora il virus si è manifestato con maggior forza. Sappiamo bene, infatti, che in questa lotta per la nostra sopravvivenza sono essenziali proprio quelle caratteristiche che ho appena indicato come radici delle attuali crisi: istituzioni credibili, che riscuotano la fiducia del cittadino al quale viene chiesto un sacrificio inedito, un sistema sanitario efficiente, ammortizzatori sociali già ben rodati, situazione finanziaria sostanzialmente sana per rendere disponibili risorse ingenti, capacità di amministrare onestamente questa enorme massa di liquidità praticamente incontrollata (in Europa ad esempio sono caduti i vincoli di bilancio, è stato sospeso il patto di stabilità, la politica torna ad amministrare le risorse un po’ come accadeva qualche decennio fa).

È dunque in queste direzioni che si deve orientare la nostra (tanto italiana quanto europea) cooperazione con la regione, nella consapevolezza che i nostri legami sono talmente forti da rendere quasi inscindibili i nostri destini. Aiutare l’America Latina a fronteggiare il virus, oltre che eticamente e politicamente doveroso, è necessario per prevenire un sostanziale aggravamento della crisi economica globale, un’espansione della già più che globalizzata criminalità organizzata, un’esplosione dei contagi di ritorno con allungamento indefinito dei tempi di ritorno alla normalità. Una pandemia non può che combattersi uniti, la riscoperta del valore della solidarietà sarà forse uno dei principali lasciti positivi di questa terribile esperienza.

Fortunatamente il virus è arrivato molto più tardi nella regione e la maggior parte dei paesi, facendo tesoro dell’esperienza italiana, ha tempestivamente decretato misure drastiche di contenimento, limitando finora il numero dei contagi e soprattutto dei decessi.

Ma sarà necessario intensificare lo scambio di informazioni e buone pratiche, contribuire a rafforzare la credibilità delle istituzioni e la loro capacità di reazione superando - anche grazie alle nuove tecnologie - le tentazioni autoritarie e la dicotomia libertà/salute, aiutare a contrastare criminalità e corruzione e magari cominciare a pensare insieme alla “fase due”, la ricostruzione non già dalle macerie, come nel dopoguerra, ma dalla demolizione del nostro abituale stile di vita. Insieme ad un continente tanto vicino a noi per cultura, radici storiche, valori, interdipendenza economica potremo forse costruire un mondo migliore, un’alternativa agli attuali modelli di produzione e consumo più a misura d’uomo e nel rispetto dell’ambiente in cui tutti viviamo. Come Segretario Generale dell’IILA intendo fare tutto il possibile per dare un contributo a tal fine.

Stiamo ad esempio favorendo il riorientamento di alcune azioni concrete del programma europeo El PAcCTO (destinato al contrasto alla criminalità in 18 paesi latinoamericani), di cui IILA è da tempo uno degli esecutori per il cosiddetto pilastro penitenziario, in modo da assistere i paesi beneficiari per fronteggiare i problemi connessi al coronavirus negli istituti di pena (ne abbiamo visto in Italia il potenziale destabilizzante). Abbiamo proposto ai colleghi europei di prevedere azioni specifiche alle frontiere nell’ambito del programma Eurofront, di cui siamo diretti responsabili, che sarà attuato in quattro frontiere del cono sud emblematiche della regione e in Eurosocial+, un fortissimo stimolo allo sviluppo delle politiche sociali. Stiamo organizzando una conferenza - per via telematica ovviamente - al fine di permettere ai responsabili della lotta alla pandemia in Italia e nei Paesi latinoamericani di discutere insieme informazioni, buone pratiche, idee per il futuro. E poi continueremo naturalmente a portare avanti i nostri numerosi programmi di cooperazione, sia con finanziamento MAECI che UE, ponendo particolare attenzione a tutte le componenti suscettibili di alleviare i problemi derivanti dalla pandemia, non ultime le piccole e medie imprese, centrali nei sistemi economici latinoamericani, che usciranno certamente fortemente penalizzate dalla crisi e alle quali dedicheremo una speciale e rafforzata edizione del tradizionale Foro Pymes.

Moltissimo ci sarà da fare, ma come scriveva Camus “nella disgrazia ci sono nell’essere umano più cose degne di ammirazione che di disprezzo”, cerchiamo di apprendere dalle avversità e di guardare con fiducia al futuro

17 January 2020
di
CeSPI (articolo introduttivo)