Il processo di Berlino e il quinto vertice di Londra
Lo scorso 9-10 Luglio si è svolto a Londra il quinto vertice del processo di Berlino per i Balcani occidentali, dopo quelli di Berlino (2014), Vienna (2015), Parigi (2016) e Trieste (2017). Il processo di Berlino è una iniziativa intergovernativa lanciata dal governo tedesco, al fine di mantenere vivo il dialogo e l’attenzione verso i paesi della regione balcanica ancora esclusi dall’Unione europea. Il processo è stato avviato in reazione alla presa di posizione di Jean Claude Junker che, divenuto presidente della Commissione europea nel 2014, ha formalizzato lo stallo nelle prospettive di adesione dichiarando che durante il suo mandato quinquennale non ci sarebbero stati ulteriori allargamenti. Nel corso degli anni il processo di Berlino nella sua dimensione intergovernativa ha rappresentato una forza catalizzatrice anche rispetto a forze non istituzionali: accanto al summit si sono infatti organizzati incontri della società civile, di ricercatori, di giovani, di aziende, per sostenere un processo di cooperazione regionale e di progressiva integrazione con l’Unione europea a diversi livelli.
Il vertice di Londra ha rappresentato un passaggio molto particolare nell’ambito del processo di Berlino. Innanzitutto, il fatto che un vertice mirato a mantenere e rafforzare le prospettive di allargamento della regione balcanica sia stato ospitato da un paese in procinto di lasciare l’Unione europea ha sollevato non poche perplessità (per un approfondimento sul tema, si veda ad esempio la riflessione di Eleonora Poli nel volume La questione orientale. I Balcani tra integrazione e sicurezza , realizzato dal CeSPI per Donzelli). D’altro canto, il Regno Unito ha sempre manifestato un interesse specifico nella stabilità e nello sviluppo della regione balcanica, che naturalmente non viene meno a fronte del mutamento delle relazioni con l’Unione europea. Anzi, nel suo sito ufficiale, il governo inglese ha sottolineato come l’evento abbia consentito di ribadire il suo impegno di lunga durata nella regione e per la sicurezza europea, indipendentemente dal processo di Exit.
In secondo luogo, il vertice di Londra si è inserito in un momento delicato, di rilancio per le prospettive di adesione della regione balcanica. Dopo la riapertura da parte di Junker nel suo discorso sullo stato dell’Unione nel 2017, la Commissione europea ha predisposto una nuova strategia di allargamento a febbraio 2018, riaccendendo le speranze europeiste dei paesi della regione. A maggio 2018 la Bulgaria, in qualità di presidente di turno dell’Unione europea, ha organizzato un vertice UE-Balcani occidentali, il primo dopo quello del 2003 di Salonicco, in cui le prospettive di allargamento alla regione balcanica erano state originariamente formalizzate. Il Consiglio europeo del 28-29 giugno 2018, focalizzato sul tema delle migrazioni, ha genericamente ribadito l'impegno dell'UE a favore del processo di allargamento e della prospettiva europea della regione; ha inoltre definito il percorso da seguire per avviare i negoziati con Albania e Macedonia nel giugno 2019.
Nonostante questi importanti segnali positivi, le relazioni tra UE e Balcani occidentali restano permeate da una certa ambiguità: ad esempio, ad oggi non esiste un orizzonte temporale chiaro per l’ingresso anche dei paesi apripista Serbia e Montenegro. Il summit di Sofia, se da un lato ha rappresentato un importante momento politico e diplomatico per confermare l’interesse dell’Unione europea nella regione, ha secondo molti osservatori ridimensionato le ambizioni di un prossimo ingresso nell’UE dei paesi balcanici, dal momento che molti Stati membri hanno confermato di considerare il consolidamento interno dell’UE come alternativo (e prioritario) rispetto all’allargamento (si veda a questo proposito l’approfondimento di Francesco Martino, “Balcani nell’UE: non c’è alternativa, ma ancora lontani”, pubblicato sul sito di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa lo scorso 18 maggio). La scelta del Consiglio europeo di definire un percorso per l’apertura dei negoziati di Albania e Macedonia rappresenta una posizione di compromesso, che non ha completamente frustrato le aspettative dei due paesi pur non procedendo nella direzione da loro auspicata di una apertura immediata.
Il vertice di Londra non ha sicuramente modificato questo quadro di ambiguità, consentendo di ribadire un generico impegno verso l’allargamento da parte dei paesi dell’UE che però non si è sinora tradotto in mutamenti sostanziali. I risultati del summit sono stati per alcuni osservatori deludenti; in ogni caso, rispetto ai summit precedenti un segnale positivo è arrivato in termini di valorizzazione del ruolo della società civile. Tale valorizzazione è riscontrabile sia nel fatto che la società civile balcanica ha rappresentato un interlocutore privilegiato del Foreign Office nelle diverse fasi di preparazione del vertice; sia dalla lettura delle conclusioni del vertice, che ribadiscono il ruolo cruciale svolto dalla società civile nella regione e fanno propri alcuni dei temi di principale impegno da parte di quest’ultima, come ad esempio la libertà dei media.
Inoltre, il summit avrebbe dovuto rappresentare l’ultimo incontro del processo di Berlino per come inizialmente concepito, visto il termine della presidenza Junker della Commissione europea e visto l’effettivo rilancio delle prospettive di adesione con la nuova strategia proposta dalla Commissione europea. I paesi coinvolti nel processo hanno deciso diversamente, stabilendo di proseguire il dialogo all’interno del processo nel 2019 in Polonia. Se da un lato questa scelta rappresenta un riconoscimento del valore del processo di Berlino come spazio di dialogo e confronto su una serie di ambiti cruciali per le prospettive di adesione della regione, non è chiaro in che modo il processo potrà andare ad intersecarsi con la nuova strategia dell’UE, e che valore aggiunto potrà offrire.
Il Summit di Londra
Oltre ai capi di governo dei paesi della regione ancora esclusi dall’UE (Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Serbia) e del paese ospitante, in continuità con l’edizione di Trieste hanno preso parte al Summit i rappresentanti dei governi di Austria, Croazia, Francia, Germania, Italia, Slovenia, e delle istituzioni europee. Si sono inoltre aggiunti i leader di Bulgaria, Grecia e Polonia: la Bulgaria ha rilanciato il suo ruolo strategico nella regione balcanica con l’organizzazione a maggio del vertice UE-Balcani occidentali a Sofia; la Grecia svolge un ruolo cruciale nelle prospettive di adesione della regione nel quadro della trattativa bilaterale con la Macedonia per il superamento della disputa sul nome di quest’ultima; la Polonia si è candidata per ospitare il prossimo summit del Processo di Berlino, in virtù della propria esperienza nel percorso di adesione.
Come da tradizione, il governo ospitante ha stabilito gli indirizzi del forum, ma in una linea di sostanziale continuità con i vertici precedenti e l’insieme del processo di Berlino. In questo quadro, il summit si è focalizzato su tre ambiti principali: Cooperazione economica, con l’obiettivo del perseguimento della stabilità economica, attraverso un miglioramento dell’ambiente di business, il sostegno all’imprenditorialità, la lotta alla disoccupazione giovanile e la promozione della connettività nella regione; Cooperazione per la sicurezza, con l’obiettivo del rafforzamento della cooperazione regionale per affrontare sfide comuni, incluse la corruzione, il crimine organizzato, il traffico di persone, di droga e di armi, il terrorismo e l’estremismo violento; Cooperazione politica, con l’obiettivo di aiutare la regione a risolvere le dispute bilaterali e superare l’eredità dei conflitti degli anni ’90 e rafforzare la democrazia. Il summit si è conseguentemente articolato in incontri tra Ministri degli Esteri, Ministri dell'Interno e Ministri dell’Economia e delle Finanze, e si è concluso con l’incontro dei Primi Ministri. Si sono svolti inoltre in parallelo alcuni incontri bilaterali.
Come evidenziato nelle conclusioni del summit, i partecipanti al vertice di Londra hanno riaffermato le prospettive di adesione europea per la regione, come pure il sostegno verso quelli che vengono definiti valori europei condivisi: democrazia, rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e stato di diritto, ruolo cruciale della società civile e di media liberi. Ribadiscono inoltre l’impegno sui temi da sempre centrali nel processo di Berlino, e che sono stati oggetto di incontri ad hoc. In particolare, i capi di stato e di governo hanno riaffermato il loro impegno nella regione in materia di:
- connettività e prosperità: il tema è stato discusso nel vertice dei ministri dell’Economia il 4 luglio a Vienna; le conclusioni del vertice hanno posto l’accento sull’esigenza di attivare crescita intelligente e competenze digitali, rafforzare l’integrazione economica regionale, combattere la corruzione, sostenere il settore privato e le PMI nella regione;
- sicurezza: il tema è stato discusso nel vertice dei Ministri dell’Interno il 9 luglio a Londra, che ha enfatizzato l’esigenza di migliorare cooperazione e scambio di informazioni principalmente tra i paesi balcanici per la lotta al traffico di esseri umani, di armi e di droga, il crimine organizzato, il terrorismo, il riciclaggio di denaro e i crimini finanziari, cyber security e corruzione. Su questo ultimo tema le conclusioni del summit hanno anche rilanciato l’impegno nell’iniziativa di lotta alla corruzione lanciata a Trieste dal governo italiano;
- cooperazione regionale: il tema è stato discusso nel vertice dei Ministri degli Esteri il 9 luglio a Londra. La cooperazione regionale costituisce forse l’asse principale dell’intero assetto del processo di Berlino, e include il superamento delle dispute bilaterali e il rafforzamento delle reti intra-balcaniche per favorire anche la connessione con l’Unione europea. Sul tema, i partecipanti al Summit hanno firmato tre Dichiarazioni congiunte: sulla cooperazione regionale e le buone relazioni di vicinato, sui crimini di guerra e sulle persone scomparse. Il primo documento enfatizza l’esigenza di rafforzare la cooperazione regionale e superare le dispute bilaterali, richiamando positivamente l’esempio degli importanti passi avanti fatti da Grecia e Macedonia in merito alla disputa sul nome i quest’ultima. Il secondo documento sottolinea l’esigenza per i paesi della regione di garantire solidarietà e rispetto per le vittime, rispetto dei verdetti dei tribunali di guerra e rifiuto dei discorsi d’odio e di glorificazione dei criminali di guerra. Il terzo documento, infine, sottolinea l’esigenza per i governi della regione di impegnarsi nella ricerca delle persone scomparse durante i conflitti, sostenerne le famiglie, evitare che il tema venga politicizzato, nell’ottica di una riconciliazione duratura e di pace e stabilità per la regione.
- giovani e società civile: anche questi attori hanno partecipato al forum dei Ministri degli Esteri sul tema della cooperazione regionale. Secondo i rappresentanti della società civile il loro coinvolgimento nel summit è stato maggiore che in passato, grazie ai lavori preparatori della conferenza durante i quali hanno potuto sottomettere al Foreing Office inglese analisi e documenti politici. Le conclusioni del summit hanno ribadito il ruolo centrale degli attori della società civile e dei giovani (in particolare nell’ambito del RYCO - Regional Youth Cooperation Office, istituito proprio nell’ambito del processo di Berlino) per sostenere la riconciliazione, lo sviluppo e la cooperazione regionale.
I partecipanti al summit hanno riaffermato il contributo del processo di Berlino alla stabilità, sicurezza e prosperità della regione balcanica, nel quadro delle diverse iniziative messe in campo dall’Unione europea, dalla Commissione europea e dai diversi Stati membri, e confermato l’impegno a lavorare congiuntamente e riunire il vertice in Polonia nel 2019.
(Per maggiori informazioni sul summit e per accedere ai documenti completi si può consultare il sito: https://www.gov.uk/government/topical-events/western-balkans-summit-london-2018)