L’esperienza della filiera agroalimentare italiana per affrontare l’insicurezza alimentare in Africa
Più della metà della popolazione mondiale vive in città. Nel 2014 l’ONU ha stimato che entro il 2050 circa il 75% della popolazione sarà urbanizzata e la maggior parte di questa crescita si concentra in Africa e in Asia. Questa tendenza genererà livelli crescenti di insicurezza alimentare e malnutrizione in un contesto di già elevata vulnerabilità dovuta ai cambiamenti climatici.
Il nuovo paradigma della sicurezza alimentare passa perciò dal concetto di disponibilità di prodotti agricoli all’esigenza di accesso al cibo. L’agricoltura africana può produrre bene e buoni prodotti agricoli ma la difficoltà risiede nel rifornire i sistemi urbani. Questa è la dimensione critica di uno sviluppo urbano-rurale integrato. La metropoli è scollegata dal territorio rurale circostante e di conseguenza le sue necessità alimentari vengono soddisfatte rifornita dall’importazione di cibo.
Dallo sviluppo agricolo allo sviluppo di filiere agroalimentari integrate
Una catena di valore sostenibile richiede un modello di gestione aziendale adeguato, con una visione che trascenda i confini dell'impresa agricola. Le risorse territoriali e le risorse socio-tecnologiche sono le aree di interazione. Le risorse e la tecnologia locali devono essere unite in una catena agroalimentare integrata verticalmente per accedere al mercato.
Il valore aziendale è quindi il passo finale di una catena di valori basata sul partenariato per la sostenibilità. Risorse, tecnologia e accesso al mercato sono le tre componenti del valore aziendale all'interno di una catena del valore sostenibile. In genere, molte risorse sono già reperibili in loco, come le risorse naturali, umane e istituzionali. La tecnologia e il know-how correlato sono realizzabili nel mercato mondiale, ma devono essere adottati e adattati ai sistemi territoriali locali in relazione alle risorse naturali. Il processo di interazione integra quindi questi due fattori per accedere ai mercati organizzando una catena del valore integrata (produzione, trasformazione, logistica e marketing) che rappresenta la sostenibilità del processo economico.
Sulla scia di questa verticalità della catena del valore, l'innovazione si concentrerà più sullo sviluppo dei processi che sullo sviluppo del prodotto. Pertanto, le innovazioni della catena di valore sono progettate per sviluppare modelli di business sostenibili, affrontando aspetti specifici del contesto che soddisfino gli obiettivi sia economici sia sociali.
La valutazione delle competenze e delle conoscenze locali non solo aumenta l'autoconsapevolezza delle persone e modifica la loro percezione dell'area in cui vivono, ma promuove anche soluzioni innovative e un vantaggio competitivo delle attività a valore aggiunto, in ultima analisi, del territorio stesso.
Sulla base di questo approccio, cambia anche l’ottica di innovazione. Questa è ora meno il risultato di una conoscenza rivoluzionaria e più il risultato di mobilitazione e adattamento in forme diverse delle conoscenze esistenti. L’innovazione deriva più da un processo sociale interattivo, dal basso verso l'alto, che dalla sola diffusione di risultati scientifici.
Di conseguenza, l'approccio utilizzato parte dal basso verso l'alto. Significa che gli attori locali partecipano al processo decisionale sulla strategia e nella selezione delle priorità da perseguire nella propria area di influenza. Il coinvolgimento di attori locali comprende la popolazione in generale, gruppi di interesse economico e sociale e istituzioni rappresentative pubbliche e private.
Dall'azienda agricola al parco agro-alimentare: la catena del valore
I parchi agroindustriali o agroparchi sono strutture e servizi condivisi, costruiti esplicitamente per la lavorazione di prodotti agricoli. Un agro-parco è una comunità strutturata, dedita allo sviluppo di innovazione agroalimentare, che riunisce in un'unica sede (o in più punti interrelati vicini) gli elementi necessari per fare in modo che l'innovazione si realizzi. Un agroparco si inserisce perciò in una filiera che possiede tre funzioni strategiche:
- Centro di trasformazione rurale: combinando la raccolta e lo stoccaggio dei prodotti agricoli con i servizi di sviluppo rurale;
- Produzione e lavorazione agricola: combinando produzione, trasformazione, raccolta, ricerca e sviluppo, funzioni commerciali e sociali. Un agroparco distribuisce i propri prodotti tutto l'anno il più possibile indipendentemente dalla stagione e dalla terra;
- Centro di consolidamento: serve un mercato metropolitano che risponda durante tutto l'anno ai bisogni dei consumatori. I prodotti stagionali non disponibili presso i produttori locali vengono forniti dallo stoccaggio o dal commercio.
Il modello adottato di agroparco sintetizza l'esperienza italiana dei distretti agroalimentari. Questo modello si basa su un approccio territoriale dell'economia locale. Le produzioni agroalimentari tradizionali e tipiche sono spesso strettamente collegate alla presenza di sistemi locali di produzione. Da un punto di vista economico, i modelli di crescita locale sono identificati dai costi di produzione e di transazione. Razionalizzare l'uso delle risorse significa ridurre sia i costi di produzione che quelli di mercato.
L’agroparco rappresenta un gruppo spaziale di diverse catene del valore in un insediamento agro-industriale, situato fra l’area urbana e l’area rurale. Contiene una varietà di funzioni di produzione, lavorazione, agri-logistica e servizi. Le aziende sono raggruppate in modo spaziale per creare economie di costi e miglioramenti dell'efficienza nella filiera post-raccolta per ottenere vantaggi economici e ambientali. Questo approccio richiede però un solido collegamento con la struttura sociale e naturale locale del territorio.
Il valore di una posizione è dovuto al valore dei suoi scambi legati alle sue caratteristiche ambientali, vale a dire alle sue proprietà non trasferibili. Ogni azienda è quindi situata all'interno di relazioni che collegano l'azione umana con le proprietà ambientali di un luogo.
L’esperienza pratica: la realizzazione e la gestione delle piattaforme agroaindustriali a Lukula nella Provincia del Kongo Centrale (Repubblica Democratica del Congo)
Il progetto è stato finanziato dalla Banca Mondiale con un finanziamento di 13 milioni di dollari. L’obiettivo è il miglioramento della produzione agro-industriale nella Repubblica Democratica del Congo. Il Paese, pur esprimendo un grande potenziale agricolo, è però decisamente carente nell’organizzazione della filiera integrata fra agricoltura e mercato finale. Da un lato, vi è un territorio agricolo tradizionale, e dall’altro un sistema urbano in forte crescita che per poter essere soddisfatto si espone sempre più all’importazione di alimenti. Tale progetto coinvolgerà circa 20.000 agricoltori.
Il partenariato italiano è incaricato di ristrutturare gli stabilimenti industriali e di fornire i macchinari per produrre olio di palma, farina di manioca, riso decorticato, mais ecc. cioè di rispondere alle esigenze della capacità produttiva del territorio congolese. L’impianto si sviluppa su una superficie coperta di 9 mila metri quadrati con una capacità di lavorazione al giorno di 35 tonnellate di manioca, 35 tonnellate di olio vegetale, con possibilità di produzione di farine fortificate, il tutto per il mercato africano.
L’aspetto innovativo del progetto è dato dal fatto che la filiera italiana è responsabile della progettazione dell’impianto e della realizzazione strutturale ma anche della gestione ed organizzazione dell’intera filiera agroalimentare: questa è la vera garanzia del funzionamento del progetto. Inoltre, per rafforzare il rapporto con il territorio sociale, la Diocesi cattolica di Boma è stata coinvolta come partner operativo per il rapporto con il tessuto sociale.