Gli effetti della pandemia sui flussi migratori verso i paesi dell’OCSE
Il paper presenta alcuni dati pubblicati recentemente dall’OCSE che permettono di cogliere gli effetti della pandemia da COVID-19 sulle migrazioni permanenti verso i Paesi OCSE. In termini generali trova una conferma significativa quel che era ben prevedibile, ovvero il brusco calo del flusso annuale di migranti permanenti nel 2020, con una diminuzione del 25% rispetto al 2019 che, in termini di soli nuovi ingressi, si stima sia del 40-50%. È poi possibile scendere a un livello di maggiore dettaglio e confrontare l’impatto della pandemia in termini di riduzione dell’afflusso di immigrati permanenti nei diversi Paesi OCSE, in termini sia assoluti che percentuali rispetto all’anno precedente. Gli Stati Uniti si confermano primo Paese d’immigrazione permanente dell’OCSE, con 576.000 nuovi immigrati legali permanenti registrati: tuttavia il dato corrisponde a un calo del 44,1% rispetto al 2019 ed è il livello più basso del millennio. Il calo dei nuovi ingressi di migranti permanenti nei Paesi OCSE ha comportato una modificazione nella composizione del profilo di migranti all’interno di questa macro-categoria: i migranti che si spostano principalmente per motivi familiari costituivano il gruppo più grande dei flussi migratori permanenti nell’area OCSE, arrivando a rappresentare in alcuni Paesi fino a tre quarti degli afflussi annuali e mediamente nell’area OCSE il 36% nel 2019; è stata questa categoria di migrazioni permanenti quella più colpita dalla pandemia, registrando il calo annuale maggiore, con una diminuzione – secondo le stime preliminari – del 37,6% rispetto al 2019. I flussi all’interno delle zone di libera circolazione, a cominciare da quella europea, sono diminuiti, ma molto meno rispetto alle migrazioni familiari. Anche la componente di migrazioni per motivi di lavoro verso i Paesi OCSE ha registrato un calo, ma molto minore di quelli familiari. Una componente tradizionalmente minoritaria che, al pari delle migrazioni familiari, è stata particolarmente colpita dalle misure di chiusura delle frontiere per contrastare il diffondersi della pandemia da COVID-19 è risultata quella umanitaria.